Il Papa riceverà in udienza Vladimir Putin oggi alle 17

Diplomazia vaticana

Putin cerca la sponda del Papa, ma l'Ucraina può rovinare la festa

Matteo Matzuzzi
Non basterà presentarsi come “protettore dei cristiani”. I cattolici di Kiev chiedono a Francesco gesti forti.

Roma. Per la seconda volta in un anno e mezzo, il presidente russo Vladimir Putin sarà ricevuto dal Papa di Roma in Vaticano. Oggi alle 17 il capo del Cremlino – ritardi di routine permettendo, visto che Putin non si contraddistingue per essere emulo di Immanuel Kant in fatto di puntualità – si chiuderà nella Biblioteca del Palazzo apostolico con Francesco e lì, a quattr’occhi, cercherà di sfruttare la sponda del Pontefice per risolvere i suoi (seri) problemi con l’occidente. L’obiettivo è quello di tornare al centro del gioco, mostrando al mondo che, se i “sette grandi” del pianeta lo escludono e lo sbertucciano tra i boschi della bavarese Elmau, lui può vantarsi di avere un filo diretto con l’autorità religiosa più popolare e ascoltata del globo terracqueo. Una visita che “non ha come priorità i rapporti tra la Santa Sede e il Patriarcato di Mosca”, dice al Foglio don Stefano Caprio, docente di Cultura russa al Pontificio istituto orientale di Roma. Rapporti che ancora oggi, spiega, sono freddi. “Da quando è stata abbandonata la politica di penetrazione portata avanti da Giovanni Paolo II per abbracciare la più tradizionale Ostpolitik, non si sono fatti passi avanti. A parte scambi di libri, icone e cortesie, direi che siamo fermi al 2004, quando il cardinale Kasper andò a Mosca a consegnare l’icona raffigurante la Madonna di Kazan”. Don Caprio, tra i primi sacerdoti cattolici a entrare nel 1989 nell’Unione sovietica in via di decomposizione, non si sorprende affatto del rifiuto di Kirill di recarsi a Cracovia per la Giornata mondiale della gioventù del 2016, annunciato con volto funereo dal cardinale Stanislaw Dziwisz: “Qual è la notizia? Mi avrebbe semmai stupito il contrario”.

 


Non si stupisce, il nostro interlocutore, del niet di Kirill. Torna con la memoria a quel che accadde nel 1991, sempre a Cracovia e sempre in occasione di una Gmg: “Io c’ero e ricordo ancora i diecimila giovani giunti lì dalla Russia. Molti si fecero battezzare cattolici, anche se non lo erano affatto. Per loro si trattava della prima ‘evasione’ dal regime”. Un precedente che di certo al Patriarca non è sfuggito. Un gioco di sponda, quello tra Bergoglio e Putin, che riuscì bene sul finire dell’estate del 2013, quando il Papa mobilitò masse e coscienze per scongiurare i bombardamenti su Damasco tesi a rovesciare Bashar el Assad, promuovendo una giornata di digiuno e preghiera e finendo così – implicitamente – per sintonizzarsi sulle frequenze russe, fin dal principio ostili a ogni ingerenza straniera nella crisi siriana. Il fatto che pochi giorni dopo Francesco avesse inviato all’inquilino del Cremlino  (allora presidente del G20) una lettera in cui gli si chiedeva di fare il possibile per evitare conflitti nel vicino oriente, contribuì ad accrescere l’intesa tra i due. Stavolta però, a differenza del 2013, c’è un elemento in più che si chiama Ucraina: il rapporto tra i due è “incredibilmente forte”, ma rimane da vedere se “l’unico neo potenziale tra Roma e Mosca rovinerà la festa”, ha scritto il vaticanista statunitense John Allen. Neo che, appunto, porta a Kiev. “Putin cercherà una sponda per evitare un ulteriore inasprimento delle sanzioni dovute a quel che accade tra Donbass e Crimea”, sottolinea don Stefano Caprio.

 

[**Video_box_2**]Presentarsi come “protettore dei cristiani d’oriente” servirà a poco, quando sul tavolo del Pontefice ci sono le doglianze della chiesa greco-cattolica ucraina, che da mesi denuncia l’invasione dei tank russi e per questo è stata accusata dal presidente del dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne di Mosca, il metropolita Hilarion, di aver in qualche modo fomentato “il conflitto civile trasformatosi poi in un sanguinoso conflitto armato”. Hilarion andava oltre, chiarendo già un anno fa che “la presenza della chiesa greco-cattolica rappresenta un grande ostacolo nei rapporti tra il Patriarcato e la Santa Sede”. Ieri, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ha fatto sapere di aver inviato al Papa una lettera in cui gli chiede di “essere la voce del popolo ucraino, dei suoi figli, di tutti i cattolici credenti in Ucraina che soffrono”. Un messaggio a Francesco “affinché come un padre difenda i suoi figli”, ha spiegato il presule. Il problema, osserva don Caprio, è che anche “Kirill è in imbarazzo per la piega che sta prendendo il putinismo. Il patriarca ha sì ispirato la politica nazionalista-ortodossa del numero uno del Cremlino, ma alla fine Putin si è mostrato addirittura più intransigente dello stesso capo della chiesa di Mosca. Kirill non ha annesso la Crimea alla sua giurisdizione, il presidente sì”. Per questo è arduo ipotizzare che il capo dello stato si possa fare latore di istanze o richieste del patriarcato, anche perché “su temi come relativismo e lotta ai matrimoni omosessuali, oggi pare esserci meno consonanza di vedute tra i vertici ortodossi e quelli cattolici, tant’è che in Russia si torna prepotentemente a parlare di superiorità morale della chiesa ortodossa”, aggiunge il docente al Pontificio istituto orientale: “Con Karol Wojtyla il clima era di scontro, lui polacco che tentava di perseguire una politica di penetrazione. Con Joseph Ratzinger – che di relazioni politiche con Mosca non si interessava affatto – c’era una condivisione a livello dottrinale. Ora la situazione è più complessa”.

 

Se Kirill non offre troppa corda a Francesco, questi ha col tempo rinsaldato l’intesa con Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli: “Ma il Papa, che è un realista, sa bene che dei circa 225 milioni di cristiani ortodossi nel mondo, due terzi si rifanno alla chiesa di Mosca”, ricordava Allen. E’ chiaro, dunque, “che tutte le strade passano per la capitale russa”. Il Pontefice, di ritorno dal viaggio in Turchia, lo scorso dicembre,  si diceva pronto a incontrare il patriarca di Mosca: “Tu mi chiami e io vengo, tutti e due vogliamo incontrarci e andare avanti”. Tuttavia, benché non si vedano date all’orizzonte e Kirill rifiuti per ora anche vertici  in terra “neutrale”, dalla Russia fanno sapere che “il tema non è stato depennato”.
 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.