Marcello De Vito (foto LaPresse)

De Vito e i "forchettoni" del M5s

Massimo Bordin

Il caso del grillino arrestato è un duro colpo per il Movimento, che riporta alla mente la citazione di Flaiano

C’è poco da fare, il colpo è durissimo soprattutto perché era prevedibile e previsto, perfino auspicato, quasi degustato in anticipo da certi scadenti detrattori del M5s. Viene da pensare a uno slogan elettorale degli anni ‘50 che non fu mai adottato. Lo aveva coniato Ennio Flaiano per i radicali che debuttavano nella loro prima campagna elettorale: “Votate per noi, i forchettoni di domani”. Era ironico naturalmente e faceva il verso alla campagna moralizzatrice del Pci contro i democristiani, sui quali un grande propagandista come Giancarlo Pajetta aveva inventato l’incisivo neologismo “forchettoni” per stigmatizzarne la voracità di denaro pubblico. L’ironia di Flaiano non fu apprezzata dai radicali, gente austera, e non se ne fece nulla.

 

Oggi però lo scrittore pescarese trionfa con la parabola velocissima del M5s dopo i casi Marra, Lanzalone e ora De Vito, tutti personaggi di primo piano della giunta Raggi. Per non parlare delle numerose altre giunte a Cinque stelle con i sindaci indagati da Torino a Livorno fino a Bagheria. Secondo i loro stessi criteri il fallimento è totale ma il guaio è che i loro criteri sono rozzi e sgrammaticati e inquietano le persone sagge molto più delle corruzione che pure li mostra simili a molti. Tanto che il gip usa quasi le stesse parole di “mafia capitale”. Anche in questo caso una intercettazione ambientale fra De Vito e Mezzocapo viene definita “manifesto programmatico”. C’è però una innovazione. Il magistrato usa anche l’immagine di “un format riuscito”. Li rivedremo in un serial di Netflix?

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