Fiammetta Borsellino ospite da Fazio lo sorso anno (foto LaPresse)

Le parole della Borsellino che incrinano la narrazione sulla trattativa

Massimo Bordin

L'intervista da Fazio e la strana archiviazione dell'inchiesta “mafia e appalti”

Il silenzio stampa che ha avvolto l’intervista di Fabio Fazio a Fiammetta Borsellino, si può definire, più che assordante come da cliché, eloquente. E’ un silenzio che parla dell’imbarazzo di quella sinistra politicamente corretta e di quel ceto medio riflessivo, che riflette sulle pagine della cronaca giudiziaria di Repubblica. La narrazione della cosiddetta trattativa è nata per questo tipo di lettori, riflessivi non perché pronti a riflettervi sopra ma perché adatti a rifletterla come in uno specchio. Il gioco finora ha funzionato ma l’intervista di “Che tempo che fa” rischia di incrinare lo specchio.

 

Non si tratta di modificare il movente della strage di via D’Amelio motivandolo esclusivamente nel dossier del Ros dei carabinieri su “mafia e appalti”. Cosa Nostra aveva più di un motivo per uccidere, come aveva deciso da tempo, Paolo Borsellino. La storia di quella inchiesta è però significativa per il contesto, a cominciare dalla sua archiviazione simbolicamente appena successiva alla morte del magistrato eroe. Le firme che la richiedono sono quelle del procuratore capo Giammanco, dei pm poi divenuti aggiunti Lo Forte e Scarpinato. Giammanco, che fu praticamente costretto alle dimissioni dopo la seconda strage del 1992, aveva contribuito a causare la scelta di Falcone di lasciare la procura e poi aveva emarginato Borsellino. Falcone, come ultimo suo atto a Palermo, aveva consegnato al procuratore proprio quel dossier del Ros, dove si parlava non solo di mafia ma anche di colletti bianchi, di partiti e di industriali, a cominciare da Gardini. Non si tratta di ipotizzare trame o malafede. Ma si potrebbe riflettere su come in questa storia i ruoli non tornino con la narrazione.

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