Cosa nostra, in passato regina incontrastata delle consorterie criminali mondiali, si è notevolmente ridimensionata (Foto LaPresse)

Perché la mafia non è più quella di prima

Massimo Bordin

La globalizzazione mondiale e la risposta dello stato. Come abbiamo ridimensionato Cosa nostra

È comprensibile, perfino giusto, che finiscano sulle prime pagine dei giornali e nei titoli di testa dei tg quelle inchieste giudiziarie che toccano i problemi più citati dalla cronaca e dunque percepiti come più importanti dall’opinione pubblica. L’aderenza alla realtà della cronaca e la misura dei magistrati nell’esserne parte sono però gli elementi decisivi per evitare che l’incrocio fra media e giustizia non si trasformi nel famoso circo mediatico-giudiziario e finora qui, come usa dire, l’asino è caduto più volte. In tema di criminalità mafiosa, argomento sicuramente importante ma complicato, l’informazione da tempo registra un fatto epocale. Cosa nostra, in passato regina incontrastata delle consorterie criminali mondiali, si è notevolmente ridimensionata.

 

Le cause sono state la globalizzazione mondiale e la risposta finalmente incisiva dello stato nel nostro paese, dove si registrano in proposito due conseguenze. La prima è l’ascesa della ’Ndrangheta come setta criminale, più elastica e pervasiva. Discende da questa situazione il maggiore interesse mediatico per i magistrati che in loco si occupano di stanare e sanzionare l’associazione emergente e che conquistano prime pagine, interviste e talk. Gli incarichi politici seguiranno. La seconda conseguenza è la reazione degli spodestati che cercano di recuperare il terreno perduto. Più che quella dei mafiosi, quella dei magistrati che se ne occupano. È un fenomeno sicuramente inconscio da parte dei protagonisti, della cui buonafede non si deve dubitare, ma spiega come certe procure siciliane si applichino da un po’ di tempo alle Ong.

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