Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri (foto LaPresse)

Il non invidiabile record di Catanzaro, prima in Italia per ingiuste detenzioni

Annalisa Chirico

Il caso al centro dello scontro tra il procuratore generale Lupacchini e il procuratore capo Gratteri (che ostenta fair play)

Roma. D’accordo, a Catanzaro non ci sarà alcun trasferimento per incompatibilità ambientale, il Csm ha archiviato il fascicolo, eppure il clima resta incandescente. Il duello tra il procuratore generale Otello Lupacchini e il procuratore capo Nicola Gratteri non accenna a placarsi, e l’inaugurazione dell’anno giudiziario si è trasformata nell’ennesimo match. Il primo, Lupacchini, ha menato fendenti dedicando ben dodici delle sedici pagine del suo intervento, al cospetto delle massime autorità locali e di un consigliere del Csm, il laico Fulvio Gigliotti, al tema della ingiusta detenzione e delle ingenti risorse destinate ai risarcimenti. “Il numero delle vittime – ha scandito Lupacchini – continua ad aumentare senza sosta, così come il denaro che viene versato nei loro confronti. E’ purtroppo noto, non fosse per il clamore mediatico da esso suscitato, che il distretto con il maggior numero di casi è quello della Corte d’appello di Catanzaro che per il sesto anno consecutivo si è confermata nei primi tre posti, con 158 persone che nel 2017 hanno subìto un’ingiusta detenzione; seguono i distretti di Roma con 137 e Napoli con 113”.

 

Un triste primato, non c’è che dire, con un bersaglio neanche troppo velato, Nicola Gratteri, lo sceriffo anti ’ndrangheta accusato da certi colleghi di eccessiva disinvoltura nell’uso delle manette (è proprio di ieri la notizia di 25 arresti, su ordine della Dda di Catanzaro, nei confronti di persone vicine alla cosca Mancuso di Limbadi per traffico internazionale di stupefacenti). “Catanzaro e Roma – ha proseguito Lupacchini sotto lo sguardo serafico dello stesso Gratteri – sono anche le città in cui lo stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione: in questo distretto, nel 2017, è stata registrata la cifra monstre di circa 8 milioni e 900 mila euro, ben più del doppio di quanto si è speso per i casi della capitale”.

 

L’analisi del procuratore generale non si è fermata ai numeri: “E’ sicuro sintomo d’inadeguata ponderazione degli elementi di prova sia da parte di chi chiede l’applicazione della misura sia da parte di chi la misura dispone”, e non meno censurabile sarebbe, a suo dire, l’“acrilico appiattimento del giudicante sulle richieste non adeguatamente ponderate del requirente, in un’inquietante cortocircuitazione che si risolve in palese violazione sia della terzietà del giudice sia della parità delle armi tra accusa e difesa”. La replica non si è fatta attendere. Dapprima, il presidente della Corte d’appello Domenico Introcaso ha evidenziato un dettaglio temporale non secondario: “La misura e i risarcimenti coprono un arco che va dal 2010 al 2014/15”, dunque in epoca antecedente all’insediamento di Gratteri, nel 2016, a capo della locale procura. “Per quanto riguarda l’‘appiattimento’ – ha affermato Introcaso – è un fenomeno certamente esecrabile, però il cortocircuito non credo che possa essere limitato e contenuto al rapporto tra gip e procura ma a tutta la dinamica propria del processo cautelare”, tirando in ballo anche il ruolo di Riesame e Cassazione.

 

Il convitato di pietra, Gratteri, ha esibito un fair play anglosassone illustrando, con dovizia di dettaglio, i risultati del suo ufficio (“Quest’anno posso dire con grande soddisfazione che vi è stato un aumento del lavoro in quantità ma soprattutto in qualità”); poi il procuratore capo ha rivolto un vibrante appello ai cittadini calabresi: “Continuate a inondarci di denunce, di esposti e di richieste per essere sentiti. Da due anni e mezzo la procura ha un ufficio in cui tutte le parti offese, gli usurati, gli estorti, possono venire a incontrarmi. Ci sono circa trecento persone che chiedono di essere ricevute, almeno una volta alla settimana, dalle 14 alle 21, io ricevo tutti. E’ importante trasmettere fiducia ai calabresi che non sono omertosi: i calabresi non sanno con chi parlare. Continuate a denunciare, venite a trovarci. Se la gente bussa alla nostra porta vuol dire che spera di poter risolvere il suo dramma, piccolo o bagatellare che sia, ma per loro è la vita”. Gratteri dunque ha schivato i colpi, evitando che il confronto con l’arcinemico si trasformasse in una baruffa di cortile. Meglio parlare con i fatti descrivendo i risultati di un ufficio che, nelle sue parole, “sta combattendo una guerra” in Calabria. Il procuratore, che si è intestato una nuova Primavera per la lotta senza quartiere contro il crimine organizzato, ha ringraziato i vertici delle forze dell’ordine, il prefetto di Catanzaro Francesca Ferrandino, la Guardia di Finanza “che sta triplicando i risultati”, “i quattro questori di Catanzaro, Crotone, Cosenza e Vibo Valentia che hanno la fortuna di dirigere uomini di primissimo piano mandati dal capo della Polizia”. Infine un riferimento ai suoi magistrati che “stanno dimostrando, dal più giovane al più anziano, non solo professionalità ma anche enorme dedizione per l’ufficio”. Che sia tempo di tregua, almeno tra le toghe?

Di più su questi argomenti: