La vera Trattativa è quella del caso Cirillo

Massimo Bordin

Un caso vecchio 37 anni, pacifico e non contestato, rimesso in discussione in un libro del giudice istruttore Carlo Alemi

Il “caso Cirillo” è una storia di 37 anni fa, quando camorra, Democrazia Cristiana e Brigate Rosse trattarono per il sequestro dell’assessore provinciale Ciro Cirillo rapito dalle Br a Napoli nel 1981. Una storia complicata, con molti punti ancora oscuri ma alcuni chiarissimi. In sostanza alcuni leader napoletani della Dc affidarono alla camorra di Raffaele Cutolo la salvezza dell’assessore in cambio di un riscatto che finì ai terroristi, dopo una trattativa in cui successe di tutto e che lasciò una scia di sangue e ricatti. Tutto ciò è assolutamente pacifico e non contestato. L’aspetto che qui si segnala è che il risultato processuale della storia resta non incompiuto ma inesistente. Nel processo che ne scaturì, il principale imputato fu Claudio Petruccioli, allora direttore dell’Unità, accusato della pubblicazione di un falso documento che parlava però di vicende forse non altrettanto false. Il giudice istruttore, Carlo Alemi, che allora aveva condotto le indagini ha ora scritto un libro in cui evidenzia la scelta della procura, da lui non condivisa, di tenere fuori i politici dal processo. Il suo libro documenta in modo ineccepibile la sua tesi, che non contesta il fatto che i servizi segreti abbiano contattato la camorra, ma che lo abbiano fatto non per avere informazioni sulle Br ma per trattare un riscatto. In un dibattito due giorni fa ad Avellino, Alemi ha chiaramente spiegato questo concetto. Ne consegue che siamo uno strano paese, con strani magistrati, alcuni non tutti. Di fronte a una trattativa in cui lo stato rafforza la mafia, il processo di fatto non si fa. Quando lo stato contatta un mafioso per arrestare il capo della mafia, si condannano i carabinieri. 

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