Giovanni Tria (foto LaPresse)

La maledizione di via XX settembre

Massimo Bordin

Perché Tria e i suoi predecessori sono sempre stati votati al martirio

L’assedio al ministro dell’Economia da parte dei partiti di maggioranza è un dato di fatto, non un retroscena, una narrazione mediatica. Non è nemmeno una novità. Il ministro di via XX settembre è votato al martirio quasi per statuto, qualsiasi sia il governo. Valga l’esempio di Tremonti come quello di Padoan, per quello che riguarda la cosiddetta seconda repubblica. Ma il fenomeno si può tranquillamente far risalire alla prima, quando i ministri economici, finché Finanze e Tesoro erano dicasteri separati, litigavano ferocemente fra loro e, a turno, con il presidente del Consiglio. Anche da questo punto di vista l’attuale governo si dimostra tutt’altro che di cambiamento. Non è detto però che l’opposizione ne debba gioire. Certo, lo scontro interno alla maggioranza è serio, al di là dei personaggi che si incaricano di rappresentarlo. Le contraddizioni che vengono alla luce mostrano diverse radici sociali che alimentano interessi contrapposti. Ma è utile notare come questo governo, pur truce e sgrammaticato come i tempi che viviamo, stia forse provando a mettere in scena un remake, forse suggerito da antichi marpioni che pure si intravedono in penombra, di uno schema che nella Prima Repubblica costruì una storia di successo, quella dei governi che inglobavano al loro interno anche una possibile linea alternativa, rendendo ancora più difficile la vita all’opposizione propriamente detta.

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