La guerra tra Castelli e Tria preoccupa il governo
L’insofferenza di Lega e M5s verso i modi irruenti della sottosegretaria contro il ministro. “Così danneggia tutti”
Roma. A chi gli chiede se davvero ci sono, Luigi Di Maio risponde che sì, “Laura Castelli ci ha sempre detto che le coperture per il reddito di cittadinanza ci sono, e io spero che abbi ragione”. E certo questo attestato di fede lusinga la sottosegretaria grillina all’Economia, ma al tempo stesso non può non inquietarla. “Più un avvertimento che un elogio”, dicono infatti, a commento di quelle parole, i parlamentari che alla Castelli sono più legati.
Ma anche altri esponenti del M5s, e stavolta quelli che sono meno vicini alla deputata torinese, si rimbalzano su WhatsApp la dichiarazione in un malcelato sfogo di cinismo. Del resto proprio il tema della fattibilità della riforma più irrinunciabile del grillismo era stato dirimente, nel momento della spartizione delle poltrone di sottogoverno. E guarda caso, chi metteva in guardia il leader rispetto a certe ricette troppo semplicistiche, chi lo invitava a rimodulare al ribasso aspettative e promesse, venne tenuto alla larga da Via XX Settembre.
Ma non è solo il risentimento per quel che è stato. A dettare il malumore nei confronti della contabile di Collegno c’è anche l’insofferenza per la sua irruenza, per i modi tutt’altro che concilianti con cui sta gestendo la partita del Def. “Si è messa contro Giovanni Tria sin dal primo giorno”, raccontano al Mef. Sin da quando, cioè, non si è vista assegnare gli incarichi ambiti, e allora arrivava in Transatlantico a sbuffare di rabbia: “Io quello lo asfalto”. Al Mef, la Castelli ci era finita dopo che la sua nomina a ministro dei Trasporti era saltata: sabotaggio interno al M5s, pure allora. Lei però sminuiva: “Luigi voleva darmi per forza un dicastero, per ricompensa. Sono stata io a dirgli che sarei stata più utile come vice di Tria”. E invece è stato l’inizio del travaglio. Lei smania, vuole mettere mano a dossier che il ministro non le fa neppure vedere.
E allora si dimena: tenta di coinvolgere anche i suoi colleghi sottosegretari nella sua crociata contro Tria. Il che, alla Lega, all’inizio sembrava quasi far comodo, almeno a giudicare dal sottaciuto compiacimento con cui Massimo Garavaglia, l’altro aspirante viceministro, accettava di mostrarsi come l’interlocutore credibile non solo per Tria, ma anche per le opposizioni in Parlamento. Però poi la Castelli ha trasceso, è arrivata a raccontare alla Stampa della tentazione, sua e di Garavaglia, di restituire le deleghe perché “prive di potere”. E lì perfino Giancarlo Giorgetti è trasalito, ha chiesto a Garavaglia di smentire: “Tutto falso. I miei rapporti con Tria sono ottimi”. E insomma non viene solo da dentro il M5s, l’irritazione per l’impetuosa Castelli. “All’inizio – dicono nel Carroccio – poteva farci quasi comodo, il suo atteggiamento. Ma se continua così, porta Tria a irrigidirsi con tutti, ed è un male per l’intero governo”.
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