Giuseppe Conte

Siamo già al dopo Conte senza nemmeno essere passati dall'incarico

Massimo Bordin

La crisi istituzionale, perché di questo ormai si tratta, marcia verso il disastro con un’opera buffa come colonna sonora

Mentre scrivo, in ritardo come al solito, si stanno aggiungendo a quella di New York le università di Malta e di Pittsburgh ma non l’istituto viennese perché non esiste se non con una diversa ortografia da quella citata nel famoso curriculum e comunque si tratterebbe di una scuola di lingue. Tutti posti dove dell’esistenza di Giuseppe Conte non si aveva notizia fino a ieri. Nemmeno il rapporto con il prestigioso studio Alpa risulta così stretto come descritto da chi, a quest’ora, sarebbe quanto mai azzardato continuare a chiamare premier in pectore.

Siamo già al dopo Conte senza nemmeno essere passati dall’incarico. La crisi istituzionale, perché di questo ormai si tratta, marcia verso il disastro con un’opera buffa come colonna sonora. Ne vedremo altre scene, già se ne intuisce lo sfondo. Una sola non potremo vederla e sarà un peccato. Quando i due sciagurati saranno introdotti nella sala dove farà ingresso il presidente della Repubblica lo spettacolo si annuncia impagabile. Ma questa crisi non può essere, non è, solo una pochade, pur avendone molti elementi. Nelle reti di relazioni che si delineano, al di là dei curriculum taroccati, si può scorgere un lato oscuro, torbido, che va svelato e disinnescato politicamente prima che diventi un altro dei misteri italiani e che qualche pm se ne occupi. Ci vorrebbe una opposizione.

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