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La magistratura, la lotta alle Br e quella alla mafia

Massimo Bordin

La filosofia di Carlo Alberto Dalla Chiesa e del suo nucleo antiterrorismo raccontata in un'intervista sul Corriere della Sera 

Nel fine settimana, mentre succedevano cose di grande importanza che riempivano molte pagine in tutti i giornali, il Corriere della Sera ha utilizzato una delle pagine residue per pubblicare una interessante intervista di Stefano Lorenzetto a un generale dei carabinieri, Gian Paolo Sechi, che negli anni settanta ha fatto parte del nucleo antiterrorismo guidato da Carlo Alberto Dalla Chiesa. Storie ormai antiche che però ancora fanno discutere e infatti il giorno dopo, domenica, c’è stata una coda polemica, di cui il giornale ha dato conto col dovuto spazio, sulla vicenda di Marco Donat Cattin, una vecchia storia, per molti versi triste. Nelle parole del generale c’era invece un passaggio di notevole attualità su un altro aspetto di quei tempi. Sechi ricorda la costituzione del nucleo antiterrorismo e le sue modalità operative. “Mi meraviglio che non ci abbiano sbattuti tutti in galera – racconta il generale – Pedinavamo i brigatisti con la speranza di catturare i loro capi. Invece sarebbe stato nostro dovere arrestarli”. Più avanti spiega con una frase la filosofia di Dalla Chiesa, quando il nucleo venne costituito, dopo il rapimento del giudice Sossi, un fatto eclatante. Dalla Chiesa si raccomandava “Dovete scoprire cosa sono le Br, non trovare Sossi”. Certo ci furono problemi, oltre a innegabili successi. Il nucleo venne poi sciolto ma nessuno fu processato. Viene da pensare che quello che la magistratura ha consentito nella lotta al terrorismo, ha invece anni dopo perseguito come un reato nella lotta alla mafia. E’ un cattivo pensiero.