Il ministro della giustizia Andrea Orlando (foto LaPresse)

Il vero sconfitto dalla mancata riforma delle carceri è Orlando

Massimo Bordin

Si è chiusa l'ultima finestra per farla passare. A perderci è il ministro della giustizia, che pure aveva saputo incardinare una legge che tardava da decenni

Oggi si apriva l’ultima finestra per far passare la legge di riforma dell’ordinamento penitenziario. Si è chiusa. A nulla è valso il lungo sciopero della fame di Rita Bernardini, che ancora non lo ha interrotto, a sua volta sostenuto da oltre diecimila detenuti che l’hanno fatto loro in una staffetta non violenta durata settimane in quest’ultimo tratto del percorso legislativo che si è interrotto. Né è bastato un appello che aveva fra i primi firmatari un filosofo come Aldo Masullo, giuristi come Luigi Ferraioli e Giovanni Fiandaca, il procuratore capo di Torino Armando Spataro e altre centinaia di firme di esperti del settore. Tutti questi che si sono battuti perché la riforma arrivasse in porto escono sconfitti ma non quanto chi quella finestra l’ha chiusa o peggio ancora non è riuscito ad aprirla.

 

Il vero sconfitto è il ministro di Giustizia Andrea Orlando, proprio perché non si può dire sia stato un cattivo ministro, per più di un motivo, a cominciare da una riforma che tardava da decenni e che proprio lui aveva saputo incardinare. Viene trascinato nella sconfitta anche tutto il governo che non ha saputo aiutare il ministro a superare ostacoli inevitabili ma non insormontabili. In fondo i magistrati che si sono spesi pubblicamente per bloccare la riforma sono stati meno del previsto, qualcuno alla fine ha anche ammorbidito e ridimensionato le sue critiche. La sconfitta del governo è tutta politica. Hanno preferito arrendersi allo scomposto berciare di Salvini e dei Cinque stelle senza nemmeno combattere. A meno di due settimane dalle elezioni diventa un segnale equiparabile al peggiore dei sondaggi.