Una norma umanista convertita in melma

Giuliano Ferrara

Eccoci al familismo moralista e populista dell’internazionale nera. A Verona la battaglia delle idee si radicalizza come scontro irriducibile tra idee sbagliate

A forza di politicamente corretto, ci hanno fatto arrivare il disgustoso e comico Trump. A forza di sgomitate swinging Bobo, è arrivata la grottesca Brexit. A forza di numeri da circo e girotondi, ecce Truce. A forza di provette libere e accoppiamenti poco giudiziosi in carne e in vitro, eccoci al familismo moralista e populista dell’internazionale nera. Ora a Verona tutto il buono e il santo dell’illuminismo cristiano ratzingeriano e giovanpaolino, tutto il fervore intelligente dei movimenti cattolici seconda metà del Novecento, tutto il popolare e laico materiale del Family Day, che indicava la ragione come antidoto alla gay culture e all’antinatalismo biologico e eugenetico, si converte in melma antiabortista e antifemminile, nel senso passatista e retrogrado che si sa, e in fanghiglia antigay. Materiali buoni per concimare radici cristiane che passano da Ruini a Gandolfini, dalla razionalità culturale che spiega la fede e incontra la laicità all’irrazionalismo degli arcipreti della sottocultura ortodossa, alle vaiassate della Meloni e degli accoliti dell’internazionale no-diritti, tutto sotto la dubbia etichetta demografico-nazional-razziale dei profeti che hanno fatto la grande scoperta: i neri e i musulmani e i gialli scopano e figliano più dei flosci occidentali, e ci rimpiazzano inesorabilmente. Viva Putin, dunque, e viva sempre il regime omofobo, anche nigeriano, anche islamista, che trova ora nella fatal Verona il suo palcoscenico populista e celodurista per l’oscena rappresentazione di tutto quanto noi laici che non potevano non dirsi cristiani abbiamo cercato combattivamente ma invano di fermare. Guai ai vinti, lo so, in un mondo cane.

  

La battaglia delle idee si radicalizza come scontro irriducibile tra idee sbagliate, nel conflitto tra due diversi e convergenti identitarismi entrambi nemici della ricerca intorno alla norma umanista, quello di mamma e papà e quello di progenitore 1 e 2, quello che nega e irride i diritti in nome di un controbiologismo e quello che li assolutizza e idoleggia in nome della libertà riproduttiva e dell’aborto come privacy che ignora e nega il non ancora nato. Un disastro senza scampo. Che cosa possiamo dire e fare, a parte fondare un convento, coltivare un orto, darci una regola e testimoniare misticamente in favore di una cultura travolta dalle sottoculture barbariche del XXI secolo? Ci vorrà una dose di distacco stoico, quando manchi la fede nella provvidenza divina, per fronteggiare le balle manipolatorie che piegano a un disegno politico orripilante e integralmente mondano-politico l’idea di liberarsi da un pensiero dominante che inchioda l’occidente a un fiacco principio del piacere e dell’amore. E che sacrifica la libertà dei moderni sull’altare postmodernista del relativismo assoluto. Delenda Verona, certo, ma senza ballare la danza postmodernista dei sette veli. Mica facile.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.