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Gender cattolico

Matteo Matzuzzi

L’università gesuita del Messico lancia la “Settimana della diversità umana”. Un festival per promuovere l’agenda lgbtiq

Roma. L’ideologia gender è “un pericolo per l’umanità” e “quando si mette in discussione la dualità naturale e complementare dell’uomo e della donna la nozione stessa di essere umano viene minata. Il corpo non è più un elemento caratterizzante dell’umanità. La persona è ridotta a spirito e volontà e l’essere umano diventa quasi un’astrazione”. Ha avuto scarsa eco il discorso che la scorsa settimana ha pronunciato alle Nazioni Unite l’osservatore permanente della Santa Sede, mons. Bernardito Auza. Parole chiare e poco consone al consesso onusiano trasudante politicamente corretto da ogni muro.

 

Il rappresentante della Santa Sede era stato invitato a dire la sua all’incontro “Uguaglianza di genere e ideologia gender: proteggere le donne e le ragazze”, e per prima cosa ha sottolineato che se “un tempo c’era una chiara comprensione di cosa significasse essere una donna, questione di cromosomi”, oggi “tale chiarezza è stata scalfita dall’ideologia gender che ipotizza un’identità personale svincolata dal sesso”. Mons. Auza ha aggiunto che sostituire questa identità di genere al sesso biologico comporta gravi danni “non solo in termini di diritto, educazione, economia, salute, sicurezza, sport, lingua e cultura”, ma anche di “antropologia, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, maternità e paternità”.

 

Le citazioni tratte da documenti ufficiali del Papa e da suoi discorsi erano continue, quasi fosse un disperato tentativo di far sapere al mondo lì riunito che Francesco sul gender tuona in modo netto da anni e che sarebbe ora che se ne prendesse atto. Anche quando nel 2016, a Cracovia, disse che la preoccupazione maggiore è per quanto si insegna ai bambini, visto che “i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da paesi molto influenti”. Senza dimenticare che in Amoris laetitia Bergoglio ha scritto che “una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà”. Mons. Auza non ha citato l’intervento in Georgia, dove il Pontefice disse che “la teoria del gender è una guerra mondiale contro il matrimonio”. Il dubbio che i primi a non capire il senso del messaggio siano alcuni uomini di chiesa è legittimo se si considera quanto avvenuto in Messico.

 

Mentre l’osservatore della Santa Sede al Palazzo di Vetro idealmente batteva la scarpa sul tavolo, l’Università Iberoamericana retta dai gesuiti annunciava il programma della “Settimana della diversità umana”, un evento che si ripromette di promuovere l’agenda lgbtiq e che è iniziato ieri e andrà avanti per quattro giorni. Tanti gli appuntamenti: conferenze sulla transessualità, illustrazione di “terapie per il riorientamento sessuale”, istruzioni su come combattere “l’imposizione del patriarcato”. Curioso, poi, il momento intitolato “metti alla prova la tua femminilità”: alle ragazze sarà richiesto di mettersi “capelli finti, peli sotto le ascelle, baffi o barba”, per vedere se davvero sono convinte di voler restare donne. Il festival dell’università gesuita è giunto alla sesta edizione e un anno fa il direttore delle comunicazioni del campus, Carlos Valle, spiegava ad Aciprensa che “la Settimana della diversità umana risponde a uno dei valori fondanti di questa università, l’inclusione”. Il giornalista domandò come un evento del genere potesse avere luogo in un’università gesuita e Valle rispose: “Perché no?”. Dopotutto, la Iberoamericana è a favore del matrimonio gay, come ha confermato il rettore, padre David Fernández Dávalos, il quale ha però chiarito: “Non un matrimonio religioso”. Dopotutto, ha detto Valle, “il nostro rettore è molto rispettoso dei sacramenti”. Essendo un prete, ci mancherebbe altro. Quanto all’adozione da parte di coppie omosessuali, l’università “non ha alcuna posizione”. E sull’aborto? “Neppure”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.