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Bandiera bianca

Ma cos'è di destra, cos'è di sinistra. La battaglia per l'egemonia culturale

Antonio Gurrado

Da Manzoni a Dante. All'esasperato entusiasmo di chi ha atteso decenni e adesso arraffa quanto può, la sinistra risponde con un riflesso condizionato di rivendicazione e piagnisteo

La questione dell’egemonia culturale, e della lotta per accaparrarsela, è non meno pittoresca a sinistra di quanto non sia a destra. Da destra infatti si manifesta tramite l’esasperato entusiasmo di chi ha atteso decenni e adesso arraffa quanto può, appropriandosi ed etichettando, riorganizzando e sostituendo, con una foga che forse denuncia altrettanto timore di un traumatico risveglio. Da sinistra, invece, l’arroccamento diventa rivendicazione continuativa e capillare piagnisteo. Prendiamo Manzoni. Non mi risulta di averlo visto sulle barricate a sventolare drappi rossi inneggiando al sol dell’avvenire ma, non appena qualcuno tira fuori l’idea balzana che Manzoni fosse di destra nell’accezione odierna, ecco che la sinistra insorge e avoca a sé l’autore che cinquant’anni fa incarnava il modello didattico da abbattere. Oppure Dante. Anche lì, appena qualche mattacchione ravvisa in lui un fratello d’Italia ante litteram, voilà nel campo avverso si ricordano i trascorsi del compagno Alighieri, patrimonio della sinistra, progressista vero come tutti i guelfi bianchi. È un riflesso condizionato, una reazione pavloviana, quasi un tic. Va bene la battaglia per l’egemonia culturale ma, se continua così, va a finire che un domani la destra si metterà a celebrare tutta tronfia Mussolini e da sinistra qualcuno alzerà il solito ditino ammonitore per dire: “Eh no! All’inizio era socialista”.

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