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Bandiera Bianca

Scimmiottare l'accento british per prendere le distanze da sé stessi

Antonio Gurrado

I giovani statunitensi hanno la tendenza a parlare con un forzato accento inglese nei momenti di difficoltà, azzerando così duecentocinquant'anni d'indipendenza. E lasciando Samuel Adams a rivoltarsi nella tomba

Due secoli e mezzo dopo, si è chiuso il cerchio aperto da Samuel Adams. Come ricorderete, l’eroe dell’indipendenza americana aveva fondato la ribellione dei suoi seguaci – i cosiddetti Figli della libertà – su due idee: che i coloni fossero profondamente differenti dai britannici che abitavano in madrepatria; che, agendo uniti anziché isolati, potessero disfarsi di quel legame. Ebbene, è notizia freschissima che è diventata un dato di fatto (“a thing”, come dicono loro) la diffusa tendenza dei giovani statunitensi a parlare con forzato accento inglese. Perché lo fanno? Per elevarsi rispetto al contesto sociale in cui sono calati, dicono. Come lo fanno? Male: un inglese finto si distingue lontano un cubito, una iarda, un miglio. Quando lo fanno? Non sempre, ma solo nei momenti di difficoltà in cui vorrebbero sparire.

 

I giovani statunitensi diventano all’improvviso posh quando vengono lasciati dal partner, quando il cameriere rovescia la minestra sulla camicia, quando vengono sorpresi a scaccolarsi, quando compiono un qualsiasi errore imbarazzante. Si tratta insomma sempre di situazioni in cui sentono di dover prendere le distanze da sé stessi, quando si sentono isolati e non contano di poter fare affidamento sui fellow Americans; allora chiamano in causa un alter ego per il quale duecentocinquant’anni d’indipendenza americana non ci sono mai stati, e iniziano a parlare scimmiottando “Bridgerton”, “The Crown” o “Downton Abbey”. A voce alta, pare, per non sentire Samuel Adams che si rivolta nella tomba.

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