Gemma Watts nei panni del sedicenne “Jake Waton” sui social media (foto Met police)

La realtà non è reale

Antonio Gurrado

Una ventenne inglese è stata condannata per aver adescato online, fingendosi un uomo, delle adolescenti. Le ragazze, pur incontrandola di persona, non si sono mai accorte che si trattasse di una donna

Una ventenne inglese è stata condannata a otto anni per aver adescato online delle adolescenti, per giunta spesso psicologicamente fragili. E fin qui, è ordinaria sordidezza della cronaca. Il dettaglio che la fa spiccare, tuttavia, non è la pittoresca evenienza che sul web la colpevole si spacciasse per un ragazzo di sedici anni, ma la sconcertante notizia che le sue vittime, pur avendola incontrata di persona, abbiano scoperto che si trattava di una donna solo quando gliel’ha rivelato la polizia: erano tutte convinte di avere una relazione con un ragazzo. Ora, è vero che i lineamenti della ventenne si prestavano al camuffamento; ed è vero anche che in un’occasione s’era presentata col cavallo dei pantaloni imbottito e in un’altra aveva assicurato che le sue non erano tette, solo maschilissima ciccia. Fatto sta che è sorprendente che delle ragazze di tredici o quattordici anni, per quanto fragili, non siano state in grado di accorgersi di un dato di fatto così evidente. È una conferma, marginale ma preoccupante, che internet è diventato più credibile della realtà; e che il principale problema della generazione dei nativi social sarà, per riuscire a diventare adulta, iniziare a credere ai propri occhi anziché ai propri schermi. 

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