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Se il caffè fa bene alla salute non lo voglio più

Antonio Gurrado

Era un piccolo segno di libertà residuale. Ma adesso che gli scienziati dicono che fa bene ne faccio volentieri a meno

Non fumo più, bevo meno di quanto vorrei, mangio frutta e verdura tutti i giorni, faccio regolarmente moto. L’unico vizio che mi concedo è il caffè che sto bevendo in quest’istante; è l’ennesimo della giornata, che butto giù nell’illusione che mi aiuti a scrivere e soprattutto nella consapevolezza che non mi fa affatto bene: mi alza la pressione, non mi fa dormire, mi fa spendere soldi inutili, mi rende nervoso e mi fa odiare dal prossimo. Nutro anzi l’inconfessata speranza che mi faccia male; un piccolo danno autoinflitto è sintomo del fatto che sono abbastanza in salute da non dover sposare in toto la dieta di un malato, è un piccolo segno di libertà residuale. Se non che oggi, dopo otto anni di ricerche, un medico torinese ha scoperto che in realtà il caffè fa bene: rende più attivi, più tonici, addirittura fa dormire meglio e magari viene anche fuori che fa campare cent’anni. Tutto ciò che si credeva del caffè finora era solo maldicenza; e la tazzina che ho sul tavolo, promossa al rango di toccasana, perde all’improvviso di attrattiva e mi fa ordinare su due piedi un dolce fuori orario, che per tutta la giornata mi causerà il rimorso dell’uomo libero.

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