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Una fogliata di libri - overbooking

Tradurre Voltaire per scoprire le infinite possibilità della lingua

Antonio Gurrado

Le Lettere filosofiche è stata scritta in doppio originale, una versione inglese e poi una francese. Due testi che costituiscono lo stesso libro. La sfida? Stabilire quale sia quello vero

In Tu, sanguinosa infanzia (Einaudi, 133 pp., 13 euro€) Michele Mari racconta un pomeriggio di noia dai nonni, che lo indusse a vagolare fra gli scaffali e scegliere La freccia nera di Stevenson; salvo poi ricevere in dono dal papà La freccia nera di Stevenson, mannaggia, ma in differente traduzione che gli dischiuse infinite le possibilità della lingua.

Io, che tutto faccio tranne annoiarmi, sono stato tuttavia condotto a un paradosso simile: sto traducendo per una casa editrice un libro che avevo già tradotto per un’altra casa editrice. Fosse così, sarebbe semplice. L’opera però – le Lettere filosofiche di Voltaire – è stata scritta in doppio originale, prima una versione inglese e poi una francese; in precedenza avevo tradotto quest’ultima, ora sto traducendo l’altra. Sono due testi che costituiscono lo stesso libro (che però a volte passa sotto il titolo di Lettere inglesi) senza che si possa stabilire quale sia quello vero, sempre che una questione del genere abbia senso.

Non voglio tramortirvi a colpi di ecdotica, ma sappiate che Voltaire è aduso a giochini del genere. Un giorno scrisse un finto sermone in francese, che fece circolare anonimo fino all’Inghilterra, dove venne tradotto e stampato con tale successo da venire tradotto in francese da altre mani; così che, quando iniziò a venire diffuso l’originale, lo si ritenne maldestra scopiazzatura. Accade infatti che, per quanto i contenuti possano coincidere, varia il giro di frase, lo stile; in francese abbondano i termini astratti, in inglese (non so perché) le doppie negazioni; i secchi verbi monosillabi, che in inglese costellano la pagina, in francese grondano di ausiliari e sono ornati di perifrasi labirintiche. Capisco finalmente Beckett, quando diceva di scrivere in francese per non avere uno stile, ossia per disfarsi degli stilemi imposti dalla madrelingua (ragion per cui, racconta Enrico Terrinoni, quando gli domandarono “Are you English?”, lui rispose “Au contraire”). Capisco anche perché, raffrontando per scrupolo la mia versione dall’inglese con la mia dal francese, non di rado mi sorprenda a domandarmi: “Ma come ha tradotto questo cretino?”. Mi consolo pensando che doveva dirselo anche Voltaire.
 

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