Viaggio nelle Marche con Tullio PericoliMinerva, 192 pp., 20 euro 

una fogliata di libri

Viaggio nelle Marche con Tullio Pericoli

Riccardo Bravi

La recensione del libro di Angelo Ferracuti, edito da Minerva, 192 pp., 20 euro

È un viaggio nelle Marche appassionante e spassionato quello che intraprende lo scrittore e giornalista Angelo Ferracuti insieme a due personaggi d’eccezione: Tullio Pericoli e Lorenzo Capellini. Il primo, ritrattista e paesaggista dei più noti in Italia, marchigiano di nascita e milanese di adozione, appare nelle foto di questo libro fotografico arricchendo l’occhio con alcuni testi teorici tratti dalla sua importante bibliografia adelphiana; al secondo, invece, uno dei nostri più grandi fotografi (“un Garibaldi della fotografia”, ricorda lo stesso Ferracuti citando Goffredo Parise), collaboratore durante gli anni d’oro del Mondo di Mario Pannunzio, nonché del Corriere della Sera, si dà il grande merito di aver scattato le bellissime foto del volume, che spaziano dal nord al sud delle Marche, dal mare ai monti passando per le dolci colline dell’entroterra.

Le bellezze di questa unica regione al plurale che abbiamo in Italia vengono così colte da una grande macchina fotografica in tutta la loro pienezza, puntando l’obiettivo sia all’interno che all’esterno, dalle magmatiche Cisterne romane di Fermo alla bellezza del promontorio del Conero fotografato dall’alto di Numana durante alcune luminose e avvolgenti giornate estive. I testi contenuti nel libro racchiudono altrettanta bellezza e rinviano anche a preziose perle di saggezza da parte dei curatori. Del suo legame con le Marche, ad esempio, Tullio Pericoli sostiene infatti che è stata la lontananza a far sentire più vivo questo attaccamento con i luoghi dell’ascolano in cui è nato, e presso i quali ritorna più volte nel corso dell’anno al fine di ammirare quel “catalogo quasi completo delle forme del paesaggio marchigiano” che si modificano ogni volta sotto i suoi occhi regalandogli nuovi scorci fino ad allora mai intravisti: “Il luogo in cui si è nati parla più intimamente a chi ne è partito, piuttosto che a chi non se n’è mai allontanato. Quando si tornerà a vederlo, vedremo molto più di quanto possa fare un vero straniero. I legami col nostro luogo diventeranno attrezzi al servizio del nostro sguardo. E ci scopriremo più ricchi”. Angelo Ferracuti fa invece una ricognizione di Ascoli Piceno a volo d’uccello, soffermandosi sui suoi tratti più marcatamente architettonici, paesaggistici e caratteriali. Ed è dalla provincia che questo sguardo, forse, si fa più consapevole, essa stessa custode di un andamento più monotono della vita ma non meno partecipe di vitalità e di stupore, tantoché “all’improvviso, e miracolosamente, dal chiuso di una stretta di viuzze tortuose tutto si apre d’incanto e si rivela”. 
 

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