Una fogliata di libri
Su "La Storia" aveva ragione Pier Paolo Pasolini
Nella tarda primavera del 1974 usciva il libro di Elsa Morante, al quale seguì un lungo e rumoroso dibattito che coinvolse diversi temi culturali dell'epoca. Una discussione in cui il celebre intellettuale ebbe un ruolo importante
Mezzo secolo fa, nella tarda primavera del 1974, usciva da Einaudi “La Storia” di Elsa Morante. Seguì un lungo, rumoroso dibattito, che coinvolse i temi più diversi: l’industria culturale, il senso del romanzo in un’epoca che lo dava per morto, le categorie di rivolta e di rassegnazione. Come vide Pasolini, “La Storia” contiene alcune delle pagine più belle e alcune delle pagine più brutte dell’opera morantiana. La scrittrice incede con sicurezza regale quando riepiloga vite già concluse o racconta le agonie. Quando invece prova a descrivere gli sviluppi dell’esistenza “in presa diretta”, componendo dialoghi che si sforzano di diventare fumetti, rende tutto volontaristico, declamato, legnoso. È come se la vita attiva fosse ormai impossibile, irreale. Sotto lo scandalo millenario della Storia maiuscola (le battaglie, gli sterminii), la vera storia è qui quella degli esseri che non sanno capitalizzare il potere sociale: maestre impaurite, cassandre mentecatte, prostitute pronte al sacrificio, bambini epilettici, animali. Risaltano, è vero, i violenti: ma sono dei ragazzi che dilapidano sé stessi, degli Achille o degli Amleto che un attimo dopo avere sopraffatto una femmina si addormentano aggrappati al cuscino come cuccioli.
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