Una Fogliata di libri

Progettare il disordine

Alessandro Mantovani

La recensione del libro di Pablo Sendra e Richard Sennett, Treccani, 192 pp., 21 euro
 

Da abitanti della contemporaneità, siamo sempre più abituati a usufruire di materiali e spazi la cui forma e funzione risulta costantemente predeterminata. A questo mondo prefabbricato, il sociologo Ivan Illich ha opposto il concetto di “convivialità”, la possibilità per l’individuo di agire attivamente nella propria realtà secondo princìpi di potenzialità, efficienza e uguaglianza. Trattando tale nozione, Illich fa riferimento a una prospettiva sociale che si manifesta in particolar modo nella strutturazione degli spazi ed è proprio sulla convivialità come rivoluzione formale e urbana che si concentra il saggio a quattro mani del progettista urbano Pablo Sendra e del sociologo Richard Sennett.

 

Il volume prende le mosse da un altro testo di Sennett del 1970 intitolato Usi del disordine – anch’esso figlio della temperie che stimolerà negli stessi anni le riflessioni di Illich – in cui, indagando i fenomeni di iniziativa urbana autonoma e le pratiche provenienti da esperienze al margine, il sociologo rintraccia le possibilità di un’azione demiurgica del cittadino nei confronti della propria realtà. Le tesi di Sennett – passate e presenti – individuano nella città contemporanea la sede di una contraddizione che penetra dai luoghi al corpo sociale.

La costruzione e lo sviluppo della città appare oggi infatti non solo eterodiretto da ragioni economiche intente a iper funzionalizzarne gli spazi e da profonde divisioni di classe, ma più in generale la pianificazione urbana sembra avvenire in un contesto di grigia e asfittica normatività, dando luogo a un sistema chiuso e “facendo in modo che nulla si distingua, offenda o lanci una sfida. L’enfasi sull’integrazione scoraggia la sperimentazione”.

 

Ma se la città di oggi annulla, normalizza e divide, ecco allora che diventa fondamentale recuperare di essa – e in essa – una dimensione conviviale, dove lo spazio diventi aperto e collettivo, seguendo una lezione urbanistica di difesa delle dissonanze già cara a Jane Jacobs. Così, le riflessioni di Sennett si uniscono ai progetti di Pablo Sendra che prova a passare dalla teoria alla pratica, ragionando sulle possibili infrastrutture per la costruzione di uno spazio fondato sull’idea di assemblaggio e costituito da forme non finite in perenne simbiosi tra loro. Una città improntata a un equilibrio insolito in cui sperimentare l’inatteso, il diverso, favorendo lo scioglimento di quella paralisi immaginativa che oggi affligge tanto gli spazi quanto le menti di chi li abita. 

Progettare il disordine
Pablo Sendra e Richard Sennett
Treccani, 192 pp., 21 euro

Di più su questi argomenti: