recensioni foglianti

Irlanda. Un romanzo incompiuto

Edoardo Rialti

Enrico Terrinoni, Aguaplano, 112 pp., 12 euro

In una delle sue poesie più celebri Yeats, ripercorrendo alcuni volti cari in una pinacoteca, affermava fiero che “questa non è la morta Irlanda della mia gioventù, ma l’Irlanda / immaginata dai poeti, terribile e gaia”. E’ un’immagine che si potrebbe estendere alla differenza tra il mero ricordo d’una realtà o esperienza, già lettera morta, facilmente ridotta a stereotipo selettivo, e la sua realtà viva, presente e persino potenzialmente futura, un’opzione dello sguardo implicita anche nel come decidiamo di relazionarci con la realtà spirituale e immaginativa di un popolo intero. La cultura irlandese è vistosamente imperniata proprio su tale dialettica tra l’incalzare vitale e tumultuoso dell’oggi e il suo riverbero in radici profonde, che attingono a orizzonti immaginativi ed espressivi davvero ancestrali (basti pensare alla scena nel Nora Webster di Tóibín in cui la protagonista torna a casa dopo essersi – per la prima volta nella sua vita e forse per la prima volta nella sua città del Dopoguerra – tinta i capelli dal parrucchiere). Ne nasce una strana musica, tanto collettiva che individuale, ed è proprio all’ascolto di questa corale “incompiuta” – cui si aggiungono via via nuovi assoli e motivi che riprendono, variano, riecheggiano e stravolgono i precedenti – che sono dedicati questi saggi e recensioni, a firma di un grande traduttore di Joyce e in cui trapela una sincera gratitudine che costituisce parte essenziale d’ogni studio autentico e rigoroso. Il leitmotiv con cui Terrinoni ripercorre la letteratura e alcune grandi svolte storico-politiche dell’isola di smeraldo è appunto lo sfaccettato manifestarsi di una libertà espressiva e sociale che si afferma dapprima “nelle” e poi “dalle” costrizioni, ricollocando autori spesso fin troppo isolati nella loro forza o magari superficialmente “britannicizzati” (basti pensare a Swift e Wilde) nell’orizzonte delle loro origini e della loro prima tradizione; un’identità antimoderna perché al tempo stesso “antichissima e contemporanea”, con le sue gioie e i suoi strazi (si pensi alla vexata quaestio della chiesa cattolica) e nella quale poesia e politica sono spesso tutt’uno, giacché entrambe ambiscono a interpretare e plasmare la realtà. Spesso gli scrittori hanno davvero sognato il futuro, e così hanno contribuito ad avvicinarlo. Un percorso di felici scoperte e riscoperte, che comprende Bram Stoker e il Dublin Lockout, il presidente Higgins e Séamus Heaney fatto di analisi a loro volta felicemente incompiute, perché fanno desiderare di leggere o rileggere ciò che affrontano e analizzano, esponendoci così di nuovo a una vastità che supera ogni previa definizione, ogni banalizzante cartolina riposta nella nostra memoria. Perché per ogni singolo autore, e persino ogni testo, vale quanto si sottolineava prima sulla cultura di un paese intero e che ben espresse Brendan Behan riferendosi alla propria ammirazione per un Beckett che ammetteva di non capire mai del tutto: “Io amo nuotare nell’oceano, ma questo non vuol dire che lo comprenda”.

 

IRLANDA. UN ROMANZO INCOMPIUTO
Enrico Terrinoni
Aguaplano, 112 pp., 12 euro

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