(foto LaPresse)

L'obiettivo della Cina è l'egemonia globale. L'America non può far finta di nulla

I discorsi di Xi indicano che Pechino vuole creare un nuovo ordine mondiale governato da princìpi autoritari. L’occidente deve prenderne atto, scrive Bloomberg (20/5)

Possiamo complimentarci con il Partito comunista cinese perché fa ciò che dice e sa ciò cosa vuole? Questa potrebbe essere la chiave per comprendere le ambizioni strategiche di Pechino nei prossimi decenni”, scrive lo storico Hal Brands su Bloomberg: “Un vecchio modo di dire americano sostiene che la Cina non sa cosa vuole ottenere, e i suoi leader non hanno ancora compreso quanto sia vasta la propria influenza. Tuttavia, molti indizi indicano che il governo cinese vuole conquistare il primato globale entro la prossima generazione, che intende capovolgere il sistema internazionale guidato dall’America e creare un nuovo ordine mondiale. Non servono grandi abilità interpretative per arrivare a questa conclusione. Alcuni importanti funzionari e membri dell’apparato della politica estera cinese stanno confidando questa loro ambizione. Il presidente Xi Jinping ha indicato questo obiettivo nel suo intervento al 19esimo congresso del partito nell’ottobre 2017. Il discorso riflette il pensiero di Xi riguardo ai successi ottenuti dalla Cina sotto il regime comunista oltre ai propositi per il futuro. Il presidente ha dichiarato che la Cina ‘si è arricchita, sta diventando forte’, ed è oggi ‘un esempio per i paesi in via di sviluppo’. Xi ha promesso che entro il 2049 il paese diventerà ‘un leader globale sia in termini di forza nazionale e influenza internazionale’ e costruirà ‘un ordine globale stabile’ attraverso il quale otterrà ‘il ringiovanimento nazionale della Cina’. Questo è il discorso del leader di un paese che non si accontenta di partecipare agli affari globali ma intende stabilirne i termini, a dimostrazione di due temi fondamentali della politica estera cinese. Innanzitutto, una visione negativa dell’attuale sistema internazionale. I leader cinesi riconoscono che il regime del commercio globale è stato indispensabile per la sua crescita economica e militare. Tuttavia, credono che il sistema internazionale forgiato da Washington e dai suoi alleati sia minaccioso. Per la Cina le alleanze americane non preservano la pace e la stabilità ma limitano il potenziale di Pechino e compromettono i suoi rapporti con gli altri paesi asiatici. Secondo questo punto di vista, la promozione della democrazia e dei diritti umani non è un atto morale bensì un tentativo di delegittimare il governo cinese e rafforzare i suoi critici interni. Il Partito comunista cinese riconosce che l’ordine liberale internazionale ha portato dei benefici, scrive lo studioso Nadege Rolland, ma allo stesso tempo ‘disprezza i princìpi’ su cui si basa. Il secondo tema è che l’ordine internazionale dovrà cambiare molto per consentire alla Cina di diventare un paese prospero e sicuro. I leader cinesi sono stati comprensibilmente ambigui nel descrivere il loro mondo ideale, eppure il progetto sta diventando sempre più chiaro. Liza Tobin, analista di storia e politica cinesi, sostiene che, studiando i discorsi di Xi Jinping e dei suoi dirigenti, emerge l’ambizione di creare ‘una rete di alleanze globali incentrate sulla Cina per sostituire il sistema a trazione americana’ e convincere il mondo che l’autoritarismo sia meglio della democrazia occidentale.

 

Per quanto riguarda l’ordine globale, Pechino vuole creare un sistema in cui le istituzioni internazionali difendono i regimi autoritari anziché sanzionarli. Nel frattempo, gli strateghi e accademici cinesi parlano apertamente di costruire ‘un nuovo ordine economico globale incentrato sulla Cina’. Tuttavia, non è chiaro se l’orizzonte strategico di Pechino sia limitato al Pacifico occidentale o all’Asia. I riferimenti di Xi a una ‘comunità con un futuro condiviso per l’umanità’ indicano l’ambizione cinese di influenzare lo scacchiere internazionale. Non bisogna leggere tra le righe per capire che questo programma comporta lo sconvolgimento degli attuali equilibri geopolitici. Certo, non bisogna prendere alla lettera tutto ciò di cui parlano gli uomini di governo. Tuttavia, i leader cinesi dicono meno di ciò che il paese sta facendo realmente. Che si tratti del programma di costruzioni militari che sta sfornando navi a un ritmo impressionante, del tentativo di controllare le organizzazioni internazionali esistenti e costruirne di nuove, della sfida per dominare le industrie ad alta tecnologia, degli sforzi sempre più sistematici per sostenere i regimi autoritari e indebolire le istituzioni democratiche, o della Belt and Road initiative che coinvolge vari continenti, alla Cina non manca un grande disegno geopolitico. La competizione tra America e Cina ricordi per molti versi la Guerra fredda. Durante gli anni Settanta alcuni sovietologi americani insistevano che Mosca si era accontentata del suo status globale. Tuttavia, questa tesi ignorava tutto ciò che i leader sovietici dicevano riguardo alla distensione e alla coesistenza pacifica – che per loro era un modo per fare trionfare il socialismo senza fare la guerra – oltre ai loro sforzi per conquistare la superiorità militare nel Terzo mondo. I pericoli all’epoca erano evidenti, così come lo sono oggi. La Cina probabilmente non segue una tabella di marcia per raggiungere il primato globale, così come non lo faceva l’Unione sovietica negli anni Settanta. I leader cinesi non ignorano i costi e gli ostacoli dei loro progetti: Xi ribadisce periodicamente l’importanza di riunificare la nazione cinese, ma questo non significa che intende fare la guerra a Taiwan. Pechino non ha ancora deciso se è più conveniente dominare il Pacifico occidentale ed espandersi gradualmente, oppure aggirare il ruolo dell’America nella regione aumentando il proprio potere economico e politico nel mondo. La Cina potrebbe fallire in entrambi gli obiettivi. Forse il coronavirus indebolirà gli Stati Uniti e l’ordine liberale al punto che favorirà l’ascesa di Pechino. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che il dibattito su ciò che vuole la Cina è diventato stantio perché i leader del regime hanno già risposto a questa domanda. Quando un rivale fiero e potente inizia a esternare le sue ambizioni globali, gli americani dovrebbero prenderlo sul serio. 

 

La traduzione è di Gregorio Sorgi

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