E se Trump fosse un nuovo Carter?
Sanders potrebbe essere il Reagan della sinistra, sostiene Ross Douthat del New York Times
“Sin dall’inizio la presidenza di Donald Trump ha ispirato analogie con gli anni di Jimmy Carter”, ha scritto Ross Douthat sul New York Times. “Anche se il carattere dei due non potrebbe essere più diverso, sembrano occupare un posto simile nell’arco della storia politica: entrambi erano outsider che hanno assunto la guida di un partito politico lacerato, esausto eppure ancora potente; entrambi hanno tentato di spingere le proprie coalizioni all’interno di una nuova formazione ideologica; entrambi, da presidente, hanno avuto a disposizione vaste maggioranze parlamentari, senza riuscire a farsene granché. Come Carter congiunse il vecchio liberalismo del New Deal con l’epoca del neoliberismo reaganiano che stava arrivando, così la presidenza di Trump sembra da un lato esalare l’ultimo respiro della coalizione di Reagan, e dall’altro fungere da ponte con un futuro in cui sono invece il socialismo e il populismo di destra, a contendersi il potere.
Però, se Trump è il Carter d’oggi, nel suo tentativo – e probabile fallimento – di costruire una nuova maggioranza conservatrice all’interno delle fatiscenti istituzioni della vecchia destra, allora chi è il nuovo Reagan, l’ambizioso rivale che vincerà la presidenza e inaugurerà nel concreto il nuovo assetto politico? Non può che essere Bernie Sanders. Se avete dubbi, considerate i parallelismi. Come Reagan perse le primarie del 1976 contro Gerald Ford, Sanders viene da una quasi vittoria alle primarie contro la personificazione dell’establishment del suo partito, che poi ha conseguito una dolorosissima quanto vicina sconfitta nelle elezioni. Di più: come Reagan, Sanders viene da una posizione di presunto estremismo genuino, visto che è stato ideologicamente di sinistra per tutta la sua vita pubblica, predicando il socialismo nell’epoca di Reagan e Clinton proprio come Reagan si fece portavoce della destra goldwateriana nel 1964, all’apice della sua sconfitta politica. Ovviamente l’analogia è imperfetta.
Si consideri anche, però, che visto che la reputazione di Sanders è quella che è, non dovrà sempre essere il più zelante sul palco e, proprio come Reagan, potrebbe persino essere in grado di fare promesse moderate e allo stesso tempo mantenersi fedele la base, certa delle sue vere intenzioni rivoluzionarie. A ogni modo, qualunque sarà l’esito delle primarie del 2020, ricordatevi che se volete che un nuovo presidente porti vero cambiamento (cosa che, ovviamente, molti a sinistra desiderano) ci sono chiari vantaggi nell’eleggere qualcuno che per tutta la sua carriera è stato associato a un’insorgenza ideologica. La sua vittoria scioccherebbe il più adattabile dei politici, inducendolo a comprendere di trovarsi in una nuova realtà politica, in cui non importa che cosa i sondaggi dicano su una qualsivoglia questione: si dà per scontato – conclude Douthat – che il mondo precedente sia stato spazzato via”.