Ernest Hemingway (Wikipedia)

uffa!

Mai quanto in Spagna la democrazia fu difesa dagli intellettuali in armi

Giampiero Mughini

La guerra civile spagnola raccontata da Antonio Di Grado in "La brigata delle ombre". Da tutta Europa nel 1936 gli intellettuali accorsero in difesa della democrazia repubblicana: Malraux e Koestler, Hemingway e Dos Passos

Nella Catania dove sono nato e dove ho vissuto la buona parte dei miei vent’anni, conservo pochissimi amici rimasti tali pur negli affannati grovigli di quest’ultimo mezzo secolo dove tutto di noi è stato in gioco. Antonio Di Grado (nato nel 1949, docente di Letteratura italiana all’università) è uno di questi amici, e della sua elegante produzione saggistica vi avevo già parlato in occasione di un suo recente libro sugli intellettuali italiani che hanno scritto “da destra”. Adesso è uscito un libro da lui dedicato a quelli che hanno scritto “da sinistra” per antonomasia nell’intero Novecento (La brigata delle ombre. Scrittori e artisti nella guerra di Spagna, La nave di Teseo, 2023). Libro di cui ho avuto come un soprassalto nel vederne titolo e illustrazione di copertina, una fiammeggiante immagine pro repubblicani spagnoli disegnata da Joan Miró nel 1937 a un anno dallo scoppio della guerra civile (1936-1939) che farà da drammatica anteprima della Seconda guerra mondiale.

Chi di noi difatti non è stato marchiato per sempre dal soverchiante afflusso di intellettuali europei e dei loro libri – libri che Di Grado soppesa e come accarezza uno a uno – a favore della causa repubblicana aggredita dalle forze capitanate dal generale spagnolo Francisco Franco y Bahamonde (1892-1975), al cui fianco si schierarono in armi nazisti tedeschi e fascisti italiani. Laddove dalla parte dei repubblicani si schierò apertamente solo l’Unione sovietica di Giuseppe Stalin, e lo fece a modo suo, ossia cercando di sbarazzarsi purchessia di quanti nello schieramento repubblicano vedevano le cose in modo diverso dai russi. Come scrisse qualcuno, in Spagna i fascisti aiutarono i fascisti, i comunisti aiutarono i comunisti, le democrazie europee non seppero aiutare la democrazia spagnola, di per sé debolissima in un paese dove la guerra civile – lo scontro il più esasperato tra le due fazioni in campo – covava e mieteva vittime da anni. Franco ebbe dalla sua i moderni aerei tedeschi che il 26 aprile 1937 annientarono la cittadina di Guernica, i repubblicani ebbero i volontari che da tutta Europa vennero a combattere e a morire, volontari che nella gran parte dei casi avevano della guerra un’esperienza così e così. E comunque quanto in nessun’altra partita politica del secolo scorso, da tutta Europa nel 1936 gli intellettuali accorsero in difesa della democrazia repubblicana. Il francese André Malraux come l’italiano Nicola Chiaromonte, l’ungherese Arthur Koestler (preso prigioniero dai franchisti scampò di misura alla condanna a morte) come gli americani Ernest Hemingway e John Dos Passos, la francese Simone Weil che entrò a far parte della mitologica colonna anarchica guidata da Buenaventura Durruti come la coppia di fotografi costituita dall’ebreo ungherese Robert Capa e dalla tedesca Gerda Taro, che rimarrà schiacciata da un carro armato amico che aveva fatto una manovra erronea. E a non dire di personaggi apparentemente minori che diedero la loro vita per la causa repubblicana quali Renzo Giua, il fratello di Lisa Foa, morto in combattimento a 23 anni, o Julian Bell, il figlio maggiore del pittore inglese Clive Bell e della sorella di Virginia Woolf, ucciso nel 1937 da una granata mentre guidava un camion. Del resto uno dei grandi libri della mia giovinezza è stato quello di Aldo Garosci, Gli intellettuali e la guerra di Spagna, che Einaudi aveva pubblicato nel 1959 e cui tanti della mia generazione si abbeverarono.

Un italiano che in Spagna si batté benissimo era stato Randolfo Pacciardi (1899-1991), uno che nella Prima guerra mondiale s’era guadagnato tre medaglie al valor militare e che da militante del Partito repubblicano di Ugo La Malfa sarebbe stato più volte ministro nel secondo dopoguerra. Da comandante della Brigata Garibaldi che metteva assieme comunisti, socialisti e repubblicani lui si rifiutò di eseguire gli ordini dei comunisti che volevano liquidare gli anarchici spagnoli a Barcellona. Durante la guerra civile spagnola lo chiamavano “il comandante”, e così lo chiamai io quando quarant’anni fa entrai nella sua casa romana a intervistarlo. Al che lui mi pregò di lasciar perdere quella denominazione, quasi a voler dire che nulla della toponomastica ideale della guerra di Spagna era tuttora cogente nell’Italia e nell’Europa di mezzo secolo dopo.

Così pure se per toponomastica ideale della guerra di Spagna intendete che tutto il bene stava da una parte e tutto il male dall’altra, non farete molta strada intellettualmente parlando. Di Grado dà il giusto risalto a quel che scrisse una volta il cattolico francese George Bernanos, uno appassionatissimo delle cose di Spagna e che stava a metà strada tra i due schieramenti in lotta: “Io penso che la crociata spagnola sia una farsa, che essa metta l’una contro l’altra due baraonde partigiane che s’erano già vanamente scontrate sul piano elettorale, e che si scontreranno sempre invano, perché ambedue non sanno ciò che vogliono e sfruttano la forza perché non sanno servirsene”. Né è irrilevante il giudizio che per quanto siano stati anni di sopraffazione ideale nei confronti di chi la pensava diversamente, i trent’anni del franchismo vincitore hanno finito per essiccare alla radice le ragioni e gli umori della guerra civile permanente tra spagnoli. Nel 1981 fu la fermezza a difesa della Costituzione da parte del re di Spagna, Juan Carlos I, a volgere in farsa il “golpe” tentato dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina che aveva fatto irruzione armato di una pistola nel Parlamento dove si apprestavano a votare la fiducia al nuovo governo. Non è che fossero passati poco più di quarant’anni dal golpe riuscito di Franco, è che stava per iniziare un nuovo millennio della storia spagnola ed europea. Ciò che le tante diramazioni in cui si snoda la documentatissima perlustrazione di uomini e libri da parte del nostro Di Grado vi fa capire appieno.