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Uffa!

Il fascismo reale è morto e sepolto nell'aprile 1945. Non un'ora dopo

Giampiero Mughini

Le macchiette ci saranno sempre, ma non contano nulla. L'importante è che da nessuna delle due parti si cerchi spasmodicamente di far baruffa a tutti i costi, e che nessun libro sia vietato

Ci sono parole del linguaggio politico corrente il cui uso talmente ripetuto e ossessivo finisce per svuotarle di ogni e qualsiasi contenuto e ridurle a un puro suono. E’ il caso delle due espressioni peraltro avversative quali “fascismo” e “antifascismo”, di cui sovrabbonda la nostra più recente cronaca politica. E’ un ammorbante continuum di accuse e di ripicche nella materia, a svelare figuri lontani da quel bene diffuso che è l’antifascismo. Mi ha colpito il caso di Massimo Magliaro, uno che è stato capo ufficio stampa del Msi-Dn dal 1977 al 1990, e al quale durante una recente trasmissione televisiva hanno chiesto se tuttora si autodefinisse “fascista” e lui ha replicato più o meno così: “Lo sono senz’altro e adesso che cosa fate, chiamate i carabinieri?”. Come volesse dire: sì oggi mi autodefinisco fascista – ci ho creduto tutta la vita – ma non per questo vado a cacciare gli ebrei nelle loro case o alla prima occasione randello a morte un mio avversario politico.

Magliaro l’ho ben conosciuto negli anni scorsi, sempre traendone l’impressione che fosse una brava persona. Ricordo quando lui da portaparola di Giorgio Almirante mi telefonò a chiedermi se volevo intervistare il gran capo del Msi. Che cos’era successo? Era il 1980 o il 1981 e io stavo apprestando per Rai Due un documentario dal titolo “Nero è bello”, ossia  il raccontare un gruzzolo di giovani intellettuali fascisti del tempo che si stavano discostando dal fascismo tradizionalmente inteso e c’erano fra loro Marco Tarchi, Stenio Solinas, Umberto Croppi, Giuseppe Del Ninno, Paolo Isotta, tutti personaggi oggi rispettati e apprezzati. In quell’occasione avevo chiesto ad Almirante di incontrarlo e fargli dire la sua in televisione. Solo che Almirante temette che io da “antifascista” avrei detto in tv peste e corna dei gruzzoletto di personaggi in questione e avrei bestemmiato ad alta voce chiunque militasse nella destra italiana a cominciare da lui. Ciò che era quanto di più lontano dagli intendimenti miei e del regista del documentario, William Azzella. Interrogavamo, ascoltavamo, cercavamo di capire, di andare a fondo in quei destini. Capire capire capire. E’ stato uno dei lavori della mia vita di cui sono più orgoglioso. A poche settimane dalla avvenuta messa in onda su Rai Due Magliaro mi telefonò a chiedermi se volevo intervistare Almirante per il mio giornale L’Europeo. Ne parlai con il mio direttore Claudio Rinaldi, decidemmo assieme di consacrare all’intervista – dove Almirante non si negò ad alcuna domanda – ben quattro pagine. Sarà stato il 1981, e credo che il colloquio/confronto tra me e Almirante fosse ben lontano dalla temperie della guerra civile 1943-1945. Chiunque avesse letto quelle quattro pagine ne avrebbe tratto un giovamento.

E adesso che di anni dalla guerra civile ne sono passati addirittura ottanta vorrei ben vedere se ancora ci acciuffassimo a sangue in nome del fascismo e dell’antifascismo, termini cui nel Terzo millennio non corrisponde più alcuna realtà di fatto. Il fascismo reale, il fascismo per come emerse dall’infernale Dopoguerra della Prima guerra mondiale e per come era guidato da un leader che seppe parlare agli italiani reduci degli assalti alla baionetta contro le trincee austriache che mitragliavano dall’alto, è morto e sepolto nell’aprile 1945, non un’ora dopo. Sono cadute le sue bandiere, sono stati colpiti a morte i suoi leader, i suoi valori traenti non hanno più corso nell’ora presente. Li vedete in giro oggi dei tipacci che non vedono l’ora di uccidere un simil Giacomo Matteotti o che su un camion vogliono trascinare via un’intera famiglia ebraica verso “zone di interesse“? Lo vedete in giro un simil Benito Mussolini le cui parole e le cui pose accendano gli animi di chi si vuol giocare il tutto per tutto pur di rovesciare la democrazia repubblicana? Le vedete in azione delle squadre compatte di energumeni che si prefiggono di “persuadere” gli avversari a forza di randellate sul cranio? Ci sono sì in giro qua e là delle macchiette, gente che digrigna i denti appena può o che non perde occasione di sputare sentenze orripilanti o che inscrive qualche porcata sulla muraglia, ma se è per questo di macchiette è e sarà sempre pieno il mondo. Forte delle sue convinzioni, Magliaro viva la sua vita, al modo come lo facciamo noi che per convinzione siamo “antifascisti”, e seppure io lo dica a bassa voce tanto il dirlo mi sembra fin troppo ovvio e irrisorio come di uno che dicesse che non spinge le vecchiette sotto l’autobus quando passano per strada.

L’importante oggi è che da nessuna delle due parti si cerchi spasmodicamente di far baruffa a tutti i costi, l’importante è che nessun libro promanato dall’una o dall’altra parte sia vietato, che a nessun Scurati sia precluso il dire dalla macchietta di turno. (Purtroppo non è stato così qualche giorno fa. Le macchiette che credo numerose nella Rai odierna hanno avuto l’ultima parola. E a questo punto hanno farfugliato se sì o no dare a Scurati cinquecento euro in meno di quel che era stato pattuito o meglio ancora non pagarlo affatto. Sempre meglio che l’olio di ricino.)

Noi occidentali siamo giunti a un momento delicatissimo della nostra storia. L’Italia è giunta a tali livelli del suo debito pubblico che ancora un passo e cadremo nel burrone. Ci sono scomparti d’Italia dove il numero dei pensionati è superiore al numero di chi lavora e paga i relativi contributi di che si regge l’intera cattedrale sociale. Sono tanti gli italiani, e dei migliori, che vanno via dall’Italia a cercare altrove di che produrre e vivere. Le zone del paese su cui regna sovrano il malaffare hanno perimetri sempre più estesi. Le tasse sono dolorose da pagare per i contribuenti onesti, in compenso gli evasori fiscali sottraggono ottanta miliardi di euro l’anno al fisco. Altro che fascismo e antifascismo.

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