Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia (Ansa)

Uffa!

Che errore usare il termine “donne” come un'ascia per spaccare il mondo in due

Giampiero Mughini

Tutto ciò che Giorgia Meloni farà al governo, se ci andrà, non dipenderà dal suo essere donna, così come non contò in passato per Thatcher e Merkel, e non ridusse il furore ideologico di chi abbracciò il terrorismo

Pur nella noia sconfinata provocata dalle dicerie che attengono alla lotta dei partiti in vista dell’appuntamento elettorale del 25 settembre, rifulge di una luce vivissima quella relativa al fatto che con tutta probabilità sarà una donna a conquistare la medaglia d’oro di capo del governo, ossia Giorgia Meloni. Sì o no, si chiedono in tante e tanti, questa sarà una conquista del femminismo italiano? E’ concepibile un femminismo vincente e seppure interpretato da una donna di destra? Com’è che da sinistra non fosse mai provenuta una tale protagonista femminile? Questioni una più fasulla dell’altra e tanto più che nella storia recente dell’Occidente abbiamo avuto casi clamorosi di donne che avevano preso il timone del comando politico. Aveva a che fare con il femminismo una primattrice della politica inglese quale Margaret Thatcher o della politica tedesca quale Angela Merkel o della politica americana quale Hillary Clinton? Chi votava per loro o approvava la loro linea politica nelle materie più urticanti era condizionato magari all’1 per cento dal fatto che fossero donne, che portassero le gonne piuttosto che i pantaloni? Io non lo penso affatto, perché ragiono che tra uomo e donna c’è solo una circostanza che li distingue e nettamente, ossia quando un lui e una lei si trovano sotto le lenzuola di un letto che hanno in comune. In tutte le altre circostanze della vita non esistono le “donne”, e bensì quella donna lì con quelle sue determinate caratteristiche, con quella sua determinata  intelligenza, esperienza, ostinazione. Né più né meno di quel che succede agli uomini, un genere che ha al suo attivo tanto un Charles Spencer Chaplin che un Adolf Hitler. Hanno qualcosa in comune questi due personaggi che portano entrambi i pantaloni?

Nilde Iotti e Laura Boldrini erano senz’altro due donne e entrambe hanno rivestito la carica di presidente della Camera dei deputati. Detto questo non avevano in comune null’altro da come appartengono a due storie diversissime, a due culture lontanissime l’una dall’altra, a due esperienze umane e professionali di una distanza lunare l’una dall’altra. Di tutte le sciocchezze possibili, quella di dire che una donna vale quanto un’altra donna è una delle più terrificanti. Quante volte nella loro vita Gertrude Stein o Virginia Woolf o Anna Maria Ortese o Gae Aulenti hanno usato nella loro vita o nel loro lavoro il termine “Donne” con la iniziale maiuscola, e dunque alla maniera di un termine che tutto comprende e tutto spiega? Forse mai. Chi di noi che sul Foglio prende a leggere un articolo di Annalena Benini o di Camillo Langone tiene in un qualche conto il fatto che la prima è una donna e il secondo un uomo? Sì, certo, qualcuna delle cento peculiarità dell’una o dell’altro sono date dall’essere rispettivamente una donna e un uomo, ma solo qualcuna delle cento peculiarità che della Benini fanno la nostra Benini e di Langone il nostro Langone.

Così come la Meloni non è assimilabile a qualsiasi altra donna italiana della sua generazione. Lei è quello che è, l’ho avuta di fronte da quando era una ragazzetta di destra poco più che ventenne ed era già in gambissima. Che il suo partito veleggi attorno al 23-24 per cento dei consensi, non dipende in nessun modo dal fatto che lei è una donna. Né credo l’inverso, che l’essere una donna abbia costituito per lei un qualche impaccio o una qualche prerogativa negativa e seppure nel suo ambiente non fosse così diffusa la figura di una protagonista femminile talmente accanita e talmente ostinata. Confesso che tutte le volte che intravedo un articolo in cui fin dalla prima riga il termine “donne” viene usato come un’ascia con cui spaccare il mondo in due mi appisolo. E non è che lo pensi adesso che i miei capelli sono bianchi. L’ho pensato da quando avevo appena toccato i vent’anni, perché già al tempo dei miei vent’anni noi uomini e loro donne all’università facevamo le stesse cose, leggevamo gli stessi libri, vedevamo gli stessi film, avevamo le stesse passioni e magari le stesse allucinazioni ideologiche.

Non è un caso che quando alcuni di quei ventenni uomini e donne hanno abbracciato il terrorismo (rosso e nero), non è che le donne siano state più gentili, più umanitarie degli uomini. E’ stato raccontato più e più volte. In quella tregenda uomini e donne hanno avuto la stessa risolutezza, la stessa ferocia, lo stesso accanimento contro i diversi da loro. L’ho scritto più volte che Francesca Mambro e Valerio Fioravanti vengono di frequente a casa mia da amici. Ebbene, non è che ai tempi del loro furore ideologico, lei fosse più morbida o più accattivante di lui quando si trattava di usare le maniere forti. Credo anzi che se ne offenderebbe se qualcuno la reputasse tale. Esattamente come Valerio, Francesca s’era giocata la sua giovinezza nell’accanimento ideologico totale a partire dal momento in cui le morì fra le braccia un suo camerata colpito da una pallottola sparata dalla polizia.

Quel che la Meloni farà da (probabile) capo del governo non dipenderà nemmeno all’uno per cento dal suo esser donna. Dipenderà dall’accortezza con cui eserciterà un mestiere cui ha aspirato tutta la vita, quello di detenere il potere politico, quello di promettere agli altri che lei ha di che migliorare la loro condizione al mondo. Lo farà nei termini e alle condizioni che sono proprie all’Europa del Terzo millennio e guai per lei a sgarrare, perché provoca un finimondo per sé e per gli altri chi sbaglia la strada dell’impegno politico e delle sue annesse e connesse promesse. I cinque stellati avevano preso il trentadue per cento alle ultime elezioni, un risultato che Enrico Berlinguer raggiunse una sola volta e tipi quali Bettino Craxi o Ugo La Malfa mai e poi mai, né da vicino né da lontano. Non è che i cinque stellati sono spariti. Di più, si sono dileguati nel nulla da cui venivano. 
Le dure leggi delle politica se ne infischiano altissimamente se chi cerca di apprestarle in meglio è un uomo o una donna. Thatcher ragionò da donna quando gli argentini vollero fare uno stracanacchio agli inglesi e ai loro possedimenti coloniali, e lei immediatamente gli scaraventò contro aerei da bombardamento e corazzate? Anna Maria Ortese scrisse da donna quando pubblicò nel 1953 Il mare non bagna Napoli, uno dei libri memorabili della cultura italiana dell’immediato dopoguerra? Gae Aulenti manifestò una sensibilità diversa da quella di un uomo quale poteva essere un Gio Ponti quando nel 1986 apprestò il Museo della Gare d’Orsay, uno dei più mirabolanti musei parigini dedicati al Novecento e dintorni? E non dire delle baggianate pronunziate dalle femministe più pure e oltranziste, quelle che credono esista una sorta di scorciatoia “femminile” al raggiungere il miglior risultato possibile in politica. Come se le cifre del colossale debito pubblico italiano potessero commuoversi innanzi al fatto che a maneggiarle siano mani femminili.

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