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Terrazzo

Stregati a Berlino, “qui si incontrano mondi”

Giuseppe Fantasia

All'Ambasciata d’Italia per la presentazione della cinquina del Premio Strega. La vita dell’ambasciata, dai rave degli anni Ottanta alla riapertura, vent'anni fa. Nella città che cambia di continuo, il vecchio lascia spazio al nuovo o ci convive

Alle alte temperature i berlinesi non sono certo abituati e se con 15 gradi escono già in t-shirt e sandali, pensate cosa possono fare se ce ne sono 15 in più. Il cambiamento climatico crea Zaubersprüche (incantesimi) e i parchi come altri luoghi pubblici sono presi d’assalto, dal Joeckel Biegarten al Prater, dall’Arena Badeschiff con piscina dentro la Sprea al Prinzessinnengarten (il Giardino delle Principesse) nel cuore del Kreuzberg. Nella città che cambia di continuo, il vecchio lascia spazio al nuovo o ci vive insieme, come accade nel nuovo paradiso per vegani Wilder Hase a due passi dal Berghain.

 

“Berlino attrae sempre, perché qui si incontrano mondi”, dice al Foglio la scrittrice Helena Janeczek, vincitrice del Premio Strega nel 2018 con La ragazza con la Leica (Guanda). C’è anche lei al pranzo organizzato dall’Ambasciata d’Italia nel bel palazzo sul Tiergarten in occasione della presentazione della cinquina della LXXVII edizione del riconoscimento letterario più importante d’Italia. Siamo con Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci che organizza il premio, Maria Carolina Foi, direttrice dell’Istituto italiano di cultura e i finalisti: Romana Petri (Rubare la notte, Mondadori), Maria Grazia Calandrone (Dove non mi hai portata, Einaudi), Andrea Canobbio (La traversata notturna, La nave di Teseo) e Rosella Postorino (Mi limitavo ad amare te, Feltrinelli). Per Ada D’Adamo – l’autrice di Come d’Aria scomparsa due giorni dopo essere entrata tra i finalisti – c’è Loretta Santini, direttrice di Elliot. “Berlino ha a suo modo sempre guardato al futuro e continua a dimostrarlo” – ci dice Mario Desiati, Premio Strega 2022 con Spatriati.

 

Nel frattempo, le creazioni della chef Rosalia allietano la serata e ancora di più lo fanno i racconti dell’ambasciatore Armando Varricchio, perfetto padrone di casa con sua moglie Micaela Barbagallo. Da due anni sono nella capitale tedesca, dopo gli onori e gli oneri negli Usa. Su un coffee table, le foto con Obama e Biden nascondono quella con Trump. “Il progetto e i lavori per la costruzione di questo palazzo risalgono al 1938. La guerra ha fatto il resto, la costruzione subì gravi danni e dopo vicende non certo semplici e curiose – nel cortile, negli anni 80, si ospitavano rave party – l’èra di Bonn e il ritorno a Berlino, fu restaurato dall’architetto romano Vittorio De Feo e riaperto venti anni fa, il 26 giugno 2003, con gli allora presidenti Ciampi e Rau”. Il dipinto a olio con San Girolamo nel deserto del XVII secolo della Scuola del Carracci attira la nostra attenzione come le allegorie dei cinque sensi di Van Nijmegen, in prestito da Palazzo Barberini. Inebriati, usciamo fuori: la Philharmonie di Hans Scharoun, Potsdamer Platz e la Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe con una nuova struttura in vetro e acciaio sono poco distanti, la Porta di Brandeburgo ci guarda da lontano e la notte e la sua vita folle o normalissima (dipende sempre dai punti di vista) non vedono l’ora di iniziare.

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