(foto Unsplash)

Terrazzo

Descrizioni di descrizioni di San Marco

Giacomo Giossi

Un testo introvabile e un monumento impossibile diventano un libro su Venezia

La prima immagine a colpire – o forse meglio sarebbe dire a distrarre – è quella di una donna o più che altro di un vestito rosso che scompare tra i colonnati dei portici delle procuratie di piazza San Marco. Si scorge un braccio nudo e una gamba piegata scivolare oltre il vestito. La donna sembrerebbe in posa, ma non certamente di chi in quel momento sta scattando la fotografia. Davanti, come attorno a lei non appare nessuno, solo il sole a tracciare ombre geometriche in quello scorcio di piazza. Forse l’eventuale fotografo è occultato dalla colonna, ma l’abito e la posa appaino fuori contesto o detto altrimenti assumono la forma di un possibile indizio. Un suggerimento che l’autrice della fotografia, Giovanna Silva, sembra voler offrire ai lettori di questo curioso volume (Bruno edizioni) che riprende nell’edizione inglese Description of San Marco di Michel Butor a cui si aggiungono le fotografie di Redescribed di Giovanna Silva

 

Il volume si presenta con una parte testuale (quella di Butor) che non è altro che l’insieme delle fotocopie del volume originale dell’edizione canadese. Questa parte è frutto di una ricerca che Giovanna Silva intraprende nel momento in cui viene a sapere che non è più disponibile sul mercato un’edizione in lingua inglese di Description de San Marco di Michel Butor, opera seminale del Nouveau Roman del 1963. La ricerca diventa così ben presto un’ossessione che si infrange però sull’impossibilità di risalire ai diritti editoriali e di traduzione del volume, ostacolo che impedisce di fatto la ripubblicazione dell’opera. Ed è a quel punto che Giovanna Silva sposta l’obiettivo dando forma a un libro multiplo in cui alla descrizione scientifica e narrativa di San Marco si affianca la visione fotografica dell’interno come dell’esterno della basilica in un rapporto d’indagine che lega direttamente la lingua di Butor con lo sguardo di Silva. Ma come avviene anche in Blow Up di Antonioni, qualcosa continua a sfuggire al fotografo. A non restituire pienamente l’esattezza descrittiva ambita dall’autore francese è forse uno slittamento non tanto di segno, dalla parola all’immagine, ma temporale, ovvero l’arenarsi di un’idea letteraria che però proprio nel suo fallimento dà forma a imprevedibili visioni. Come quella che si palesa davanti agli occhi di Giovanna Silva nella donna dal vestito rosso.

 

Forse in posa o forse sotto minaccia, forse una modella all’alba di un servizio fotografico, forse semplicemente la deriva di una lunga festa notturna. Venezia resta impassibile – il pastello dei marmi offre il fondale ideale per ogni scrittura come per ogni immagine –, testimone muta e solerte della bizzarria del tempo e del suo caso. Giovanna Silva decostruisce la propria ossessione restituendole la forma agibile di un libro: descrizione e ridescrizione, fotocopia e fotografia in una stratificazione illuminante. Un volume in cui l’inquieto e l’indicibile restano però presenti. Angoli di luci e ombre, tracce di nero tipografico che avvertono dell’ipotesi perenne di un delitto imminente. 

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