Villa Carlotta, La musa Tersicore di Antonio Canova (Wikimedia commons)

Terrazzo

Quel ramo del lago di Clooney che si trasforma grazie all'arte

Giulio Silvano

In esposizione tra Bellano e Villa Carlotta, sul lago di Como,  “La scena dell’arte”, una delle mostre curate dallo scultore Velasco Vitali, figlio del pittore Giancarlo: “Credo che ogni comasco dovrebbe dare un obolo a George" 

"Se tornerete tra un anno o due vedrete una Bellano completamente cambiata”, dicono al Foglio le figlie del pittore Giancarlo Vitali davanti ai cannoncini alla crema della pasticceria lì accanto, “Vengono addirittura da Lecco per comprarli!”. La grossa fabbrica, ex cotonificio, ora relitto industriale instagrammabile, sopra il fiume Orrido, verrà trasformata in un centro multifunzione turistico-artistico e in un museo della fondazione Getulio Alviani. “Ci sarà anche uno spazio dedicato a Vitali. E un albergo, che qui manca. E poi ovviamente un autosilo, oggi abbiamo un serio problema con i parcheggi”. Lì dove c’è l’archivio, ordinatissimo, chic – un Segantini in prestito –  una volta c’era il dopolavoro con due lunghi campi di bocce di cui ancora si intravedono le silhouette tra le sculture, e prima ancora l’unica vera casa patrizia del paesino sul lago di Como.

 

Le sale ospitano “La scena dell’arte”, una delle mostre curate dall’altro figlio di Vitali, lo scultore Velasco. Splendido un disegno di Aldo Carpi. E poi opere di Giosetta Fioroni e Mimmo Paladino, bozzetti di scena di Sottsass. Nonostante lo stesso cognome i Vitali non sono parenti dello scrittore bestsellerista Andrea, che però era grande amico di Giancarlo. “Andava a trovarlo in studio e si mettevano lì a fumare. Ogni tanto ne usciva anche un libro”. Vitali, lo scrittore, è tornato a fare il medico lì a Bellano in tempo di Covid. 

 

La mostra non finisce nel paesino, Velasco è riuscito ad avere a disposizione due saloni-corridoi di Villa Carlotta, dall’altra parte del lago. “La riva nobile, la riva turistica, qui Turner non c’è mica mai stato, andava dall’altra parte”. La parte dei grandi hotel, delle villone, dei giardini da rivista. I due lati sono “mondi lontani, ricchi e poveri, lavoratori e padroni, plebe e signori”. Attraversato il lago, “che sembra il Mississippi”, in un inizio autunno molto inglese, quasi Cumbria, ci sono turistoni Usa con le felpe di Toy Story e poncho in cellophane come a Niagara Falls. “Credo che ogni comasco dovrebbe dare un obolo a George Clooney” dice Velasco. Qui prima, al massimo, era villeggiatura e Grand Tour e fotografi di Gardenia e rari fan deI promessi sposi. All’apertura della mostra Canova. Novello Fidia sciure, istituzioni e donatori a Villa Carlotta prima di un light lunch, qui dove c’è il fregio su Alessandro che entra in Babilonia di Thorvaldsen. La direttrice indica il conte Sommariva, costruttore della villa, riprodotto nel fregio “senza di lui non saremmo qui”, dice. E mentre si fan le foto alle chiappe del Palamede uno dei donatori – giacca Geox e capello briatoresco – dice a voce alta alla folla: “Voglio consigliare su YouTube un bellissimo video di Alessandro Baricco su questa figura mitologica”. Il curatore, davanti al bellissimo torso in basanite nera del II sec., trova parallelismi col Canova. Qui, sulla riva ricca, non sono ancora arrivati gli studi postcoloniali e si possono ancora decantare gli inglesi che si portarono via i pezzi del Partenone. 

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