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Terrazzo

Gli anni Sessanta di New York, dalla rivoluzione dell'arte all'assassinio di Kennedy

Michele Masneri

Germano Celant e il suo tributo alla città che non "dorme mai". Il triennio che ha cambiato il mondo, da il 1962 e il 1964 in un libro da collezione che traccia l'itinerario di artisti e curatori, mostre sperimentali e avvenimenti innovativi

Ove mai una tanto evocata apocalisse nucleare spazzasse via come estrema conseguenza la città di New York, archeologi del futuro potrebbero basarsi su e farsi bastare “New York 1962-1964”, il volumone unico ideato e curato dal compianto Germano Celant che racconta i cambiamenti radicali che avvennero in questo triennio esiziale nella capitale del mondo libero. A New York, cioè nel mondo. Edito da Skirà, il librone racconta ciò che successe tra il gennaio 1962 e il dicembre 1964 e che ebbe un profondo effetto sulla vita creativa della città riverberandosi sull’occidente, modificando profondamente tutto il mondo dell’arte, dalle arti visive in senso stretto alle performance, dalla musica al design. Insieme a queste innovazioni creative, il periodo dal 1962 al 1964 vide uno spostamento del centro di gravità artistica dall’Europa agli Stati Uniti e l’ascesa di una nuova leadership nelle arti, incentrata su un certo numero di curatori, galleristi e altri impresari di Manhattan.

 

Ispirato nella grafica e nel formato alle riviste dell’epoca come Life e Look, tra ritagli, pubblicità, David Ogilvy, Andy Warhol (tanto Andy Warhol), l’uscita del “Dottor Stranamore”, Jasper Johns, Courrèges, la Famiglia Addams, il libro è un parco giochi per chi ami New York o l’arte o i giornali o la moda o tutto questo insieme. Questo volume over-size riccamente illustrato traccia un itinerario dettagliato di artisti e curatori, mostre sperimentali e avvenimenti innovativi, analizzando parallelamente gli eventi storici e politici che trasformarono la società durante questo momento cruciale ed esplosivo. Dalla celebre mostra “New Realists” alla Sidney Janis Gallery nel 1962 all’assegnazione del Gran Premio Internazionale di Pittura all’artista newyorkese Robert Rauschenberg alla Biennale di Venezia del 1964, la città vide un’ondata di nuovi, rivoluzionari approcci al fare arte, così come fertili incontri tra i creatori attraverso mezzi e discipline diversi.

 

Il triennio è fatale: nel ’62 John Glenn è il primo uomo in orbita, Jacqueline Kennedy è la prima first lady a mostrare la Casa Bianca in tv, e la nazione tira un sospiro di sollievo dopo aver evitato l’apocalisse nucleare con la Baia dei porci. Intanto esplodono le rivolte per I diritti civili e a New York una nuova generazione di artisti si afferma. Il ’63 vede Martin Luther King chiede che l’America sia una vera democrazia. 
Betty Friedan pubblica “The Feminine Mystique” segnando un punto di non ritorno nei movimenti femministi. Al Cinema Joseph L. Mankiewicz dirige Liz Taylor in “Cleopatra”. L’anno finisce assai tragicamente con l’assassinio di Kennedy. Il ’64 vede il nuovo presidente Lyndon Johnson mettere a segno una serie di riforme: Medicare, Medicaid, e il Civil Rights Act. A Berkeley, cinque anni prima che arrivi in Europa, scoppia la rivolta studentesca. Robert Rauschenberg vince il gran premio alla Biennale di Venezia, e a Ny viene presentato il progetto per il World Trade Center. 

 

Ci sono interviste a Christo, a Jim Dine, tributi di Claudia Gould e Michael Rock; ampia cronologia mese per mese supervisionata da Sam Sackeroff, Lerman-Neubauer Associate Curator al Jewish Museum. “New York” è un diario di una città che non “dorme mai”, secondo la leggenda, e che vista da oggi ha una centralità forse persa per sempre (ancora: l’apertura del terminal Twa di Eero Saarinen, esce “Lolita” al cinema, muore Marilyn).

 

Il librone da collezione, in lingua inglese, è un monumento a New York che oggi boccheggia ma è soprattutto un monumento al genio multiforme di Germano Celant (1940-2020), indimenticato curatore di mostre in mezzo mondo e pubblicatore di oltre cento libri e cataloghi. Internazionalmente conosciuto per la sua teorizzazione dell’Arte Povera, nel 1987 ha ricevuto il Frank Jewett Mather Award, il più importante premio statunitense per la critica d’arte. È stato Senior Curator al Solomon R. Guggenheim Museum di New York dal 1989 al 2008,e direttore della Fondazione Prada.  

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).