László Moholy-Nagy, Light-Space Modulator.

American Bauhaus

Michele Masneri

Il primo festival americano nella sede disegnata da Mies van der Rohe

Nell’anno delle uber-celebrazioni globali della Bauhaus (centenario della fondazione, cinquant’anni dalla morte di Mies, vedi sopra), ecco che anche la prima edizione del festival del design dell’Illinois Institute of Technology, sancta sanctorum di Mies a Chicago, si prodiga in doverosi omaggi.

 

Lì, tra i sontuosi edifici universitari da lui disegnati, sta per tenersi “Shapeshift: Design @ Illinois Tech” che durerà dal 16 al 28 settembre. Festival interamente dedicato al design – primo in quella scuola – celebrerà in particolare il “New Bauhaus”, una delle tante ramificazioni americane della scuola celebre di arti applicate tedesche. Il New Bauhaus, o Bauhaus americano, fu brandizzato così da László Moholy-Nagy, forse il più geniale di tutto il gruppo di quegli émigré architettonici-artistici, eppure il meno famoso nel lungo periodo, almeno in Europa oggi, probabilmente per il cognome impronunciabile o perché non ha lasciato, a differenza di Mies, manufatti poi entrati in cataloghi di produzioni seriali. Forse perché anche di eccessiva poliedricità; con perizia orientale è stato: scultore, regista, pittore, scenografo, fotografo. Emigrò dall’Ungheria della nascita prima in Germania, poi in Olanda, a Londra e infine negli Stati Uniti. Alla Bauhaus era responsabile del corso introduttivo di metalli, ma anche di regia sperimentale.

 

Scrisse poi quello che è considerato il saggio fondamentale della fotografia moderna, “Pittura Fotografia Film” (1925), che è anche una riflessione sull’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, scritta però dieci anni prima del saggio-claim di Walter Benjamin.

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