Ricetta seriale

Il Supervissuto, una serie che conquista anche i non fan di Vasco Rossi

La docuserie su Netflix racconta la carriera e la vita personale del rocker di Zocca: interviste, filmati d'archivio e testimonianze che restituiscono un'immagine caleidoscopica di un artista amatissimo

Gaia Montanaro

Sono cinque gli episodi che compongono la docuserie su Vasco Rossi – Vasco Rossi. Il Supervissuto – disponibile su Netflix da qualche giorno. Ripercorrono, seguendo un andamento cronologico, tutta la carriera e la vita personale del rocker, a partire dall’infanzia a Zocca, i primi passi nel mondo musicale e della radio, fino al disco di esordio e alla successiva affermazione. Vasco racconta in modo diretto e schietto le vicende che hanno puntellato la sua vita personale ed artistica, dalla scomparsa prematura del padre al lavoro collettivo in radio (tra cui quello con Gaetano Curreri). La docuserie, molto classica nell’impianto poiché segue una struttura cronologica degli eventi, è stata girata tra il 2020 e il 2022, durante il periodo pandemico. A dare corpo al racconto ci sono interviste, filmati d’archivio e testimonianze che restituiscono un’immagine caleidoscopica di un artista amatissimo e seguito con fulgida fedeltà da moltissimi fan. Non sono taciuti anche i momenti di difficoltà, le ombre personali e le fatiche lavorative che Vasco ha dovuto affrontare. Il rocker racconta in prima persona il suo rapporto con la musica, la sua voglia di riuscire ad emergere e di farlo tramite un genere particolare che in parte si distaccava da quello a cui si era abituati in Italia in quegli anni. La serie è inoltre corredata dalla presenza di un nuovo singolo – Gli sbagli che fai – uscito in concomitanza al rilascio della docuserie su Netflix.

Quello che colpisce del racconto è come, attraverso una modalità narrativa molto semplice e diretta – si riesca a restituire tutta la forza del personaggio Vasco, la sua capacità di tenere insieme un’aura da mito della musica e insieme un forte ancoraggio al territorio e alla vita semplice delle persone. Un personaggio trasversale, amato da un pubblico vastissimo – che catalizza l’attenzione di chi guarda, indipendentemente dal fatto che si sia fan dell’artista o più distanti. Non a caso una piattaforma come Netflix – comprensibilmente molto attenta agli interessi dei suoi abbonati (meglio se “consumatori forti”) – ha deciso di investire in un progetto celebrativo su Vasco, dando anche uno spazio di racconto molto ampio (cinque episodi per una docuserie su un unico protagonista assoluto sono molti). Ne viene restituito un ritratto completo dell’artista, magari non originalissimo dal punto di vista audiovisivo ma che persegue fino in fondo i propri obiettivi.

Che ruolo ha la musica nella docueserie? I successi musicali che si sono alternati nella carriera del rocker di Zocca fanno da contrappunto alla narrazione in prima persona di Vasco. Si racconta la genesi di canzoni come Albachiara e Vita spericolata accanto a spezzoni d’archivio che ripropongono le sue esibizioni più significative così come la sua capacità di stare sul palco in modo naturale e allo stesso tempo ricco di personalità.

 

Qual è il tono della docuserie in tre battute?

“Io sono sopravvissuto facendo rock”.

“Lì è cambiato il mio modo di fare. Lì non ce n’era più per nessuno. Io scrivevo canzoni, le cantavo, se qualcuno mi rompeva le palle lo ammazzavo”.

“Io non sono solo un sopravvissuto. Sono un supervissuto”.

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