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“Ragazze elettriche” diventa serie tv, ma è un po' meno esperimento mentale

Mariarosa Mancuso

Dal romanzo distopico di Naomi Alderman arriva su Amazon il prodotto televisivo. Racconta di una rivoluzione: cosa potrebbe succedere se il potere fosse tutto nelle mani delle donne? Sarebbe un mondo più giusto e felice?

In un’intervista del 2016, Naomi Alderman raccontava di aver ricevuto 11 offerte per i diritti televisivi del romanzo “Ragazze elettriche”, senza svelare il nome dei fortunati (e immaginiamo generosi) produttori. Genere fantascienza/distopica (secondo gli americani che hanno così rinominato l’utopia a tinte fosche) il romanzo è uscito in Italia da Nottetempo, dopo che il New York Times lo aveva collocato tra i dieci migliori libri dell’anno.

   

Ora sappiamo chi sono i fortunati, se non l’ammontare dell’assegno. I primi tre episodi di “Ragazze elettriche” sono dal 31 marzo su Prime Video, i successivi arriveranno ogni venerdì. Come si conviene a un “thriller globale” – qualsiasi cosa si nasconda sotto la formula – i giornalisti ricevono una lunga lista di “do not reveal”. Non li possiamo riportare qui. Ma è come se, lanciando una nuova versione di “Pinocchio”, non si potesse scrivere del burattino di legno che non vuol saperne dalla scuola, e sarà trasformato in asino e maltrattato. Collodi non era buono e gentile con i bambini, il naso che si allunga dicendo le bugie lo dimostra – spoiler anche questo? – ma allora i libri e il film li volete scegliere alla cieca, senza sapere se parlano di cavalli o di cappellini?

 

“Power” era il bellissimo titolo originale, in inglese significa potere e anche “corrente elettrica” – se qualcuno legge i libri prima che diventino serie, ha il diritto di sfruttare il  vantaggio competitivo. E chi guarda il “thriller globale” – Londra, Nigeria, Seattle, Europa dell’est – ha il diritto di sapere cosa lo aspetta. Perlomeno in questi primi dieci episodi che non esauriscono la trama del romanzo – sono sicuramente in programma altre stagioni.

 

Succede che, in varie parti del mondo, un certo numero di ragazze in pericolo sfugge ai guai – perlopiù uomini che allungano le mani, con qualsiasi grado di parentela – grazie alla capacità di generare scosse elettriche. Con l’imposizione delle mani. La voce si sparge, le donne fanno gruppo per imparare a dosare il loro nuovo potere (se lo vogliono, sennò toccherà agli uomini stare attenti e comportarsi civilmente). È una rivoluzione, e come succede con le rivoluzioni qualche ragazza potrebbe capricciosamente usare il proprio potere per il gusto di farlo.

 

Il romanzo di Naomi Alderman – che è cresciuta tra gli ebrei ortodossi del sobborgo londinese di Hendon – inizia con la lettera di un certo Neil, su carta intestata di una fantomatica “The Men Writers Association”. Il manoscritto immagina “un mondo retto da uomini, certo più gentile, più attento e – oserei dire – più erotico di quello in cui viviamo”. Grande acrobazia letteraria che toglie di mezzo la lettura femminista di “Ragazze elettriche”: non invoca più potere per le donne, fa un esperimento mentale. Cosa potrebbe succedere se le donne fossero più forti degli uomini, in grado di ferire e uccidere con il tocco delle mani? Sarebbe il mondo più giusto e più felice?

 

Questa cornice sparisce dalla serie tv. Naomi Alderman ha pratica di videogiochi, nel senso che li scrive. Sa che non può appesantire l’intreccio di storie che nelle prime due puntate impegna lo spettatore. L’educazione ebraica ortodossa è sparita – dichiara – mentre scriveva il primo romanzo (ma già aveva definito i genitori  “unorthodox orthodox jews”. Alla voce “pop” – sul sito scrive “Naomi” disegnando una scarica elettrica al posto della “i” – imperdibile la sua app “Zombies, run!”. Per i pigri, e i pigrissimi che vanno a correre solo se non hanno nelle orecchie la solita musica. Ma una voce cavernosa al megafono, si suppone venga da un elicottero, che urla: “Scappa, gli zombi sono dietro di te!”

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