Luca Bizzarri. Foto Imagoeconomica

Genova, il governo, gli antidoti alle chiacchiere. Parla Luca Bizzarri

Luciano Capone

“I genovesi? Silenziosi, ma non fateli incazzare. E ai politici togliete l’iPhone”, ci dice il comico che imita Toninelli

Roma. “Dopo l’approvazione trionfale del decreto vedremo cosa succederà”. Luca Bizzarri, in coppia da una vita con Paolo Kessisoglu, entrambi genovesi, è anche presidente di Palazzo Ducale, l’istituzione culturale della città dove adesso c’è “Paganini rockstar” (una mostra che unisce Niccolò Paganini e Jimi Hendrix). Come sta Genova dopo il crollo del ponte Morandi? “Ha due problemi: il primo è il lassismo politico per cui dopo tre mesi non sappiamo se il ponte verrà distrutto, da chi e quando”. E il secondo? “E’ un problema di comunicazione che sta provocando un calo delle presenze turistiche ingiustificato. La città soffre anche per problemi che non ha, se ne parla come di una Sarajevo degli anni 90. Ma la città è raggiungibile, è visitabile, è bella”. C’è stato un atteggiamento diverso a livello locale, più discreto, rispetto a quello nazionale che ha cavalcato la tragedia? “Diciamo che le elezioni comunali e regionali sono distanti. A livello nazionale è campagna elettorale permanente, si vive di slogan. Ma dopo tre mesi non c’è nulla, a parte un decreto con dentro cose che con Genova c’entrano poco”. Il condono di Ischia? “Il problema non è il condono, può anche essere la cosa migliore al mondo, ma non capisco perché infilarla nel decreto su Genova rallentando una cosa che aveva bisogno di tempi stretti”. Sono due disgrazie, il terremoto e il ponte, messe insieme. “La città non ha capito perché doveva aspettare due partiti che litigavano sul condono per Ischia”. E’ il tragicomico di questa vicenda. E forse non è un caso che comici genovesi, come voi e Crozza, si sono messi a imitare il ministro Toninelli sulla tragedia della propria città. Non è un terreno scivoloso? “Guarda, dopo aver fatto Bin Laden posso fare tranquillamente Toninelli, non mi preoccupa più di tanto”. 

  

Sfottere il ministro che si occupa del ponte Morandi non può sembrare irriguardoso per ciò che è successo alla città? “Credo che né noi che facciamo la versione cartoon di Toninelli, né Crozza che ne fa una imitazione alla Crozza-Noschese, potremmo essere accusati di prendere in giro la disgrazia – dice Luca Bizzarri – Anzi ci mettiamo dalla parte di chi la disgrazia l’ha subita, facendoci beffe di un ministro che mostra tanto i muscoli ma sembra leggermente inadeguato alla posizione”. Perché? “Perché ha un uso della comunicazione che è abbastanza discutibile e credo che se ne siano accorti anche nel M5s. Basta vedere la scena dell’approvazione del decreto, con lui che festeggiava come se fosse sotto la curva, come se avesse fatto il gol decisivo. E’ un atteggiamento che poi… come dire… chi fa il mio mestiere ti piglia per il culo”. La reazione di Toninelli è forse dovuta al suo momento di difficoltà, l’approvazione è stata una liberazione e una vittoria personale. “Sì, ma la domanda che mi sono fatto è: pensava che non glielo approvassero? Ha festeggiato come se fosse una cosa che lui pensava impossibile. Se fai un decreto legge poi te lo approvano, mi pare naturale. Dubitava di che cosa? L’unico motivo possibile era che non lo votassero quelli del suo partito, cosa che peraltro è successa. Ma, come sempre accade in politica, hanno trovato voti dall’altra parte”. Non c’è qualcosa di comico nel fatto che alla fine la mano al M5s è arrivata da Giggino ‘a purpetta di Forza Italia che, votando il condono di Ischia, ha salvato il decreto Genova? “A me queste situazioni un po’ divertono, per vedere come poi riusciranno a mistificare la realtà per dare un senso alle cose. Davanti all’evidenza riescono a inventare una storia plausibile. Nonostante io faccia dell’immaginazione un lavoro, non ne ho abbastanza per fare il politico”. A proposito di comici e politici, Beppe Grillo, che è entrambe le cose e pure genovese, non parla del ponte. Su Genova in generale è silenzioso. Lui che a Siena ha fatto casino e sfracelli per Mps, non parla della crisi di Carige, la banca della città. “Dimostra la sua intelligenza, sa che il ponte è un argomento molto pericoloso da affrontare. Essendo il capo del partito di maggioranza, qualsiasi sua parola potrebbe essere usata contro di lui. In questo somiglia tantissimo a Salvini, che su certi argomenti non dice nulla, come per esempio sul ponte. Grillo conosce i genovesi”.

  

E come sono i genovesi? Sembrano silenziosi come lui, dopo tre mesi di stallo non si fanno sentire. “Sono silenziosi, ma come tutti i silenziosi è meglio non farli incazzare. A un certo punto scatta il 'che l’inse?', uno tira una pietra e parte la rivolta”. Che giudizio dai dell’amministrazione locale? “Si può dire che il sindaco e il presidente della regione nel momento dell’emergenza hanno fatto un buon lavoro. Grazie a Dio non c’erano campagne elettorale imminenti, così si sono messi a cercare di risolvere i problemi senza fare casino”. Sono stati più defilati, non si sono fatti molta pubblicità. “Il basso profilo è una caratteristica dei genovesi”. E’ un aspetto più presente nel sindaco Bucci, ora anche commissario straordinario, che nel presidente Toti. Si vede che il primo è genovese doc. “Beh, il sindaco è tutto in quel ‘veda un po’ lei’ in risposta alla giornalista. L’avrebbe potuto dire solo un genovese e solo con quel tono lì e con quello sguardo lì. Dimostra il fatto che a poco tempo dal crollo del ponte una ragazza brava che di mestiere fa la giornalista non sapeva che faccia avesse il sindaco di Genova. Vuol dire che se n’è stato abbastanza schiscio, ha lavorato e non è apparso sugli schermi televisivi”. Niente selfie concentrati, né foto in vacanza. “Secondo me dopo l’elezione a un incarico importante bisognerebbe consegnare lo smartphone, come quando si entra in classe. Poi te lo ridanno quando smetti di fare il politico. Nel frattempo ti danno un Nokia del ’97 per giocare a snake tutto il giorno. In un mondo civile funzionerebbe così”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali