All'Italia del referendum sognato da Grillo servirebbe il “Miracolo” di Ammaniti

Marianna Rizzini

Suggestioni ai margini della nuova serie tv di Sky, nella quale il massimo del profano si fa involontariamente veicolo di un sacro che è talmente inconoscibile da inquietare

Roma. Capita che Beppe Grillo rilanci il referendum sull’euro (ieri) quando ormai il referendum sull’euro pare ipotesi di pura surrealtà, e capita che lo stesso giorno venga presentata la serie tv originale Sky “Il Miracolo”, ideata, sceneggiata e diretta dallo scrittore Niccolò Ammaniti (in questo caso showrunner) con la co-direzione di Francesco Munzi e Lucio Pellegrini: serie cui fa da sfondo un’Italia sull’orlo di una specie di Brexit alla romana. E la coincidenza colpisce perché l’Italia de “Il miracolo” (otto puntate prodotte da Mario Gianani e Lorenzo Mieli per Wildside con Arte France e Kwai, in onda da martedì 8 maggio su Sky Atlantic alle 21 e 15) è un’Italia in cui l’aleggiare del referendum pro e contro la permanenza in Europa fornisce il canovaccio di allucinazione necessario al dipanarsi di una storia in cui surreale e reale sono fusi al punto da non essere distinguibili – come pure non è distinguibile il bene dal male nell’anima e nell’azione dei personaggi principali. E a questo punto del gioco dell’oca “come formare un governo”, pensa lo spettatore de “Il miracolo” mentre Grillo ripropone il referendum sull’euro, forse soltanto un mistero insondabile come quello attorno a cui ruota la serie di Ammaniti potrebbe far apparire meno fumosa, per contrasto, la sorte della legislatura e dei partiti e deputati e senatori annessi e connessi. Fatto sta che nessuna piccola Madonna di plastica che piange sangue contro ogni logica in una sala seminterrata di una piscina di periferia è finora comparsa all’orizzonte dei poveri pontieri sparsi tra Palazzo Chigi, Montecitorio e il Quirinale.

  

“Il Miracolo” è la serie tv “americana” che l’Italia non aveva, come sembra suggerire tra le righe Natalia Aspesi nella sua critica su Repubblica, quando allude alla “sapienza di uno scrittore di successo che forse ha studiato le migliori fiction” d’Oltreoceano. Intanto l’Italia pre-referendum de “Il miracolo” ha il suo anti-Renzi, il premier algido Fabrizio Pietromarchi (Guido Caprino), giovane come Renzi ma controllato nei gesti e nell’eloquio come nessun Renzi mai è stato; e ha la sua anti-Agnese, la first Lady Sole (Elena Lietti), magra ed elegante come la signora Renzi, ma dilaniata dall’insofferenza. Ed è un’Italia, quella de “Il miracolo”, in cui il massimo del profano – un boss della ’ndrangheta catturato in circostanze truculente – si fa involontariamente veicolo di un sacro che è talmente inconoscibile da inquietare invece di placare. Scrivono nelle note di presentazione Ammaniti con i co-sceneggiatori Francesca Manieri e Francesca Marciano: “Ogni domanda, anziché raggiungere una risposta, ne dischiudeva nelle nostre mani un’altra e un’altra ancora. Così come noi, i personaggi de ‘Il Miracolo’ oscillano, temono, invocano un senso che questo banale miracolo non sembra rivelare. Il senso non è mai un fatto positivo, ma mera ricerca, cammino, percorso fatto di tentativi di comprensione e salti nell’abisso che ognuno dei nostri personaggi ha dovuto attraversare. Poiché il miracolo è un’eccedenza incomprensibile, così la storia è diventata eccedente. Una storia apre una storia che apre un’altra storia”. E la storia è quella di piccole suggestioni e percezioni, certezze friabili e dubbi irrisolti: che cosa ha portato il prete peccatore e umanissimo Marcello (Tommaso Ragno) dalle missioni in Africa alla dipendenza dal sesso e dal “Gratta e vinci”? Che passione muove l’apparentemente pacata biologa Sandra (Alba Rohrwacher)? Che cosa motiva il generale triste Votta (Sergio Albelli), così determinato nel preservare il paese, già provato dalla campagna referendaria, dall’irruzione del mistero?

 

E mentre i figli bambini del premier ateo e della first lady maniaca della carne – da congelare con rito di para-macellazione propiziatorio – si rifugiano nei riti non rassicuranti della giovane tata vegetariana e iper religiosa, il “miracolo” comincia a sprigionare – forse per dispetto, forse per ineluttabile fatalità – il suo effetto spiazzante su tutto ciò che sembrava acquisito.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.