La brigatista Barbara Balzerani (foto LaPresse)

L'oltraggio non sono i brigatisti in tv ma i brigatisti in tv presi sul serio

Andrea Minuz

La televisione potrebbe essere un formidabile strumento punitivo, vendicativo, un modo per esorcizzare il loro “carisma”, quantomeno le cazzate che dicono. Basterebbe solo cambiare format

L’uso delle Brigate Rosse in televisione comincia a mostrare segni di stanchezza. Le domande sono sempre quelle, le polemiche anche. Adriana Faranda sul “Nove” in “Belve”, programma che racconta “donne straordinarie che mostrano senza filtri i lati più volitivi del proprio carattere”; Adriana Faranda in penombra con Ezio Mauro, incorniciata in un formidabile sottopancia, “dirigente della colonna romana della BR”; tutto il commando di via Fani su La7 con il noto adagio: “eravamo come i partigiani”. Strano che ancora nessuno abbia parlato del rapimento Moro come un “attacco al cuore della casta”. C’è ancora tempo. Le BR in tv sono un oltraggio, come sostengono i parenti delle vittime e il capo della Polizia, Franco Gabrielli? Dipende. La televisione potrebbe anche essere un formidabile strumento punitivo, vendicativo, un modo per esorcizzare il loro “carisma”, quantomeno le cazzate che dicono. Basterebbe solo cambiare format. 

 

Basterebbe far emergere non solo il lato oscuro, la freddezza, la provocazione politica, ma la sconfinata tristezza, la solitudine, il linguaggio meccanico-parastatale, l’iperbolica, presuntuosa miseria delle loro vite. Nessuno meglio della televisione popolare potrebbe riuscirci. Per esempio, sarebbe bello vedere i brigatisti intervistati, umiliati e cazziati da Franca Leosini. Lei in raggianti tailleur thatcheriani che intima Adriana Faranda di non “farsi il santino”, di spiegarci come si muoveva in quel mondo di maschi, perché accettò il ruolo di “postina” così umiliante per una “testarda ragazza siciliana che aveva amato l’arte, la musica, la trasgressione, la libertà”, come raccontano le sue biografie. Barbara Balzerani con le Birkenstock che presenta i libri da Barbara D’Urso e si prende a schiaffoni con Manuela Villa. Mario Moretti a “Masterchef” che prepara la “rana pescatrice in zuppetta e crostino” di Porto San Giorgio. Tutte le BR a “Ballando con le stelle” lanciatissimi in salsa sudamericana e fuori tempo. Un GF Vip, anzi un GF-BR col commando di via Fani più Cristiano Malgioglio e Signorini in studio con Marco Damilano per la puntata del lunedì.  Forse è arrivato il momento di rinnovarsi.  È solo una modesta proposta.

 

Perché l’oltraggio non sono le BR in tv. Sono le BR in tv prese sul serio. I brigatisti ascoltati, analizzati, raccontati con la ferma condanna della violenza ma lasciando sullo sfondo un curioso, silenzioso ossequio per l’“idea”, che era ed è un modello di società che dovrebbe farci più orrore di qualsiasi mezzo impiegato per costruirla. La condanna della violenza politica è solo vuota retorica se non si accompagna a una altrettanto ferma, roboante, stratosferica presa per il culo dell’idea che la generava, con buona pace delle “zone d’ombra” o delle “contraddizioni” dei loro comportamenti, come le chiama Ezio Mauro. È un’idea per molti ancora ampiamente desiderabile, diffusa, ben radicata nella cultura anti-sistema di questo paese (basta farsi un giro sulla pagina Facebook di Barbara Balzerani per rendersene conto).

 

Il problema non è lo “sfregio alla memoria delle vittime” ma l’oltraggio all’intelligenza di tutti. Perché quando il brigatista parla in tv si lascia intendere che a parte i morti ammazzati, il cinismo, la disumanità, le manovre “oscure” o i toni oltraggiosi, insomma a parte gli errori e le trappole della storia, abbiamo di fronte qualcuno che ha messo in gioco la propria vita per “un’idea”.  Per il prossimo anniversario, risparmiateci Ezio Mauro e dateci una puntata di “C’è posta per te”. Loro che piangono, si abbracciano, Maria De Filippi che li chiama per nome, apre la lettera e legge: “Barbara, Adriana, Valerio, avevano un lungo cammino da fare insieme, un cammino che li avrebbe portati alla dittatura del proletariato e all’instaurazione del comunismo in Italia”. Pubblicità.