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l'essenza dell'IA

Non prendetevela con le macchine. ChatGPT non ha cambiato la nostra natura

Franco Lo Piparo

Cosa fa la tecnica? Studia le leggi naturali e riproduce artificialmente ciò che la natura già fa. È quello che accade anche con l'intelligenza artificiale., con alcune novità

Quanto artificiale è l’intelligenza artificiale (IA)? E’ una domanda meno bizzarra di quello che appare. Rispondere può aiutare a non vivere in maniera apocalittica o palingenetica (a seconda delle sensibilità) l’innovazione tecnologica che l’umanità sta vivendo. La risposta dipende da ciò che si intende per tecnicità o artificialità (i due termini sono concettualmente sinonimi).

Faccio un esempio. Gli uccelli volano, gli umani non hanno un corpo organizzato per volare. Fin qui si ferma la natura. Cosa fa la tecnica? Studia le leggi naturali che consentono a un corpo pesante come l’uccello di volare e riproduce artificialmente ciò che la natura già fa: costruisce gli aerei che altro non sono che congegni artificiali che rispettano  e sfruttano le leggi della natura. Con l’invenzione dell’aereo l’uomo riutilizza in forma nuova le leggi naturali che governano e rendono possibile il volo degli uccelli. Morale dell’esempio: non esistono tecniche contro natura ossia che violino le leggi fondamentali della natura. Le tecniche altro non sono che la prosecuzione e amplificazione di ciò che la natura già fa. O, detto in maniera apparentemente paradossale, niente di più profondamente naturale della tecnica.

Lo schema del volo artificiale dell’aereo che riproduce amplificandolo il volo naturale degli uccelli proviamo ad applicarlo al rapporto che esiste tra l’intelligenza artificiale e l’intelligenza naturale. Anche l’intelligenza artificiale è naturale. Se non lo fosse non funzionerebbe. Naturalmente così come gli aerei hanno una velocità molto superiore a quella degli uccelli anche le prestazioni cognitive dell’IA sopravanzano quelle dell’intelligenza naturale. Ma questo non comporta una loro diversità sostanziale (ontologica, si dice nel gergo filosofico). Stabilita la naturalità dell’IA cosa ne consegue? Lo dico in parole semplici: la cosiddetta intelligenza artificiale non cambia la natura dell’animale umano così come non l’hanno cambiata il telaio meccanico, l’automobile, l’aereo supersonico, la medicina nucleare, la radio e la televisione, il telefono senza fili, il computer, eccetera eccetera. Cambiano le modalità in cui e con cui si esercitano le naturali operazioni cognitive umane. E’ su questo aspetto che bisogna indirizzare l’attenzione.

 

Metto a fuoco un fatto ben comprensibile. L’articolo che state leggendo potrebbe essere stato scritto, parzialmente o integralmente, da ChatGPT. Questo cambia qualcosa per il lettore e per la discussione sull’argomento trattato? Nulla. Dal momento che porta la mia firma ne assumo la responsabilità culturale e, eventualmente, anche penale. Se alcune sue parti fossero copiate o lesive del buon nome di qualcuno a risponderne sarei io e non ChatGPT. Dove stanno le novità? Ne dico tre.

(1) Potenza cognitiva. Gli archivi digitali di cui disponiamo e la capacità di leggervi notizie e nessi difficilmente visibili a occhio nudo sono paragonabili, rispetto ai precedenti strumenti cartacei, alla velocità dell’aereo supersonico rispetto al volo degli uccelli. Ma questo non cambia la natura delle operazioni cognitive umane.
(2) Ampliamento smisurato del numero degli attori del dibattito pubblico. Grazie alla tecnologia digitale tutti, proprio tutti, siamo diventati soggetti attivi di scrittura pubblica. Capita per la prima volta nella storia dell’umanità. 
(3) Ne è una conseguenza la facilità con cui una notizia, verosimile ma falsa, possa diventare senso comune.

E’ su questo ultimo punto che bisognerebbe soffermarsi sgombrando anzitutto il terreno dalla falsa idea che responsabile delle fake news sia l’IA. La falsità nasce con l’animale umano. L’IA consente di mettere con facilità in circolazione una falsa notizia sotto falso nome. E questo è un aspetto su cui il legislatore potrebbe e dovrebbe intervenire.
 

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