person of the year

ChatGPT è la nostra persona dell'anno. Ha mostrato il futuro e ci ha costretto a essere ottimisti

Claudio Cerasa

Da anni, ciascuno di noi ha un rapporto personale e involontario con l’intelligenza artificiale. Il chatbot ha mostrato al mondo cosa vuol dire costruire il proprio futuro e ha costretto ciascuno di noi a riflettere su cosa significhi trasformare una minaccia potenziale in un’opportunità

Ha cambiato la nostra idea del futuro e insieme a ciò ha cambiato tutto il resto. Ha cambiato il futuro della medicina. Ha cambiato il futuro degli avvocati. Ha cambiato il futuro degli studenti. Ha cambiato il futuro dei registi. Ha cambiato il futuro degli sceneggiatori. Ha cambiato il futuro dei creativi. Ha cambiato il futuro degli scienziati. Ha cambiato il futuro dei giornali. Ha cambiato il nostro rapporto con un’espressione che fino a un anno fa consideravamo astratta e che invece ora non lo è più: l’intelligenza artificiale. Da anni, ciascuno di noi ha un rapporto personale e involontario con l’intelligenza artificiale in ogni momento della giornata. Quando si invia un messaggio e ci si ritrova la parola che si vuole scrivere suggerita dal nostro telefono. Quando si cerca la propria macchina parcheggiata e Google Maps ci ricorda dove l’abbiamo messa. Quando Facebook individua il nome della persona che stiamo taggando senza che tu glielo abbia ancora detto. Quando LinkedIn utilizza il nostro comportamento sui social per suggerire un’opportunità di lavoro. Quando Amazon suggerisce un acquisto sulla base di ciò che abbiamo già acquistato. Quando Siri risponde a una nostra improbabile domanda. Quando Alexa risponde a una nostra complicata richiesta. Quando Uber prevede i prezzi delle corse sulla base di un algoritmo che suggerisce a Uber quanto tu solitamente sei disposto a pagare per una corsa. La nostra persona dell’anno è ChatGPT, il chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico sviluppato da OpenAI e specializzato nella conversazione con un utente umano, perché ChatGPT ha aperto l’intelligenza artificiale alle masse, l’ha messa a disposizione di tutti, ha mostrato al mondo cosa vuol dire costruire il proprio futuro e ha costretto ciascuno di noi a riflettere schumpeterianamente parlando su cosa significhi trasformare una minaccia potenziale in un’opportunità per il futuro.

Distruzione creatrice, si diceva un tempo. E grazie a ChatGPT, improvvisamente, il mondo dell’intelligenza artificiale ci si è presentato di fronte. Ci ha costretto a ragionare sui lavori del futuro. E ci ha costretto in modo repentino a scegliere da che parte stare. Da una parte c’è il fronte della paura, il fronte di chi considera l’intelligenza artificiale una minaccia esistenziale destinata a distruggere le nostre certezze, destinata a rimettere in discussione lo status quo, destinata a deviare per sempre l’apprendimento dei nostri figli, destinata a creare una concorrenza sleale con lavori che oggi esistono e che un domani potrebbero non esistere più. Da una parte c’è il fronte della paura, dunque, di chi ragiona sull’intelligenza artificiale con lo spirito di chi deve limitarsi a regolare, a normare, a vietare. Dall’altra parte, invece, c’è il fronte dell’ottimismo spericolato, e noi siamo tra questi, il fronte di chi considera il mondo mostrato da ChatGPT come una grande occasione per riorganizzare le nostre vite, per rafforzare le nostre competenze, per attrezzarsi per tempo per costruire i lavori del futuro. 

E per capire di cosa stiamo parlando bisogna conoscere qualche numero. Secondo una ricerca condotta da McKinsey & Company, tanto per cominciare, l’intelligenza artificiale è sulla buona strada per automatizzare fino al 30 per cento delle ore attualmente lavorate nell’economia statunitense rendendo necessarie fino a 12 milioni di transizioni professionali: si prevede che questa tecnologia contribuirà a creare 15,7 trilioni di dollari per l’economia globale entro il 2030.

Il rapporto Future of Jobs del World Economic Forum va ancora più nello specifico e nel 2020 stimava che l’intelligenza artificiale avrebbe sostituito 85 milioni  posti di lavoro entro il 2025, affermando però che l’intelligenza artificiale avrebbe entro la stessa data creato 95 milioni di nuovi posti di lavoro, anche in altri settori diversi da quelli attuali.

Gli analisti di PwC prevedono che entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe aumentare il Pil globale di 15,7 trilioni di dollari, un aumento del 20 per cento rispetto al livello attuale. A novembre, otto esperti di intelligenza artificiale provenienti dagli Stati Uniti e dal Regno Unito hanno previsto come l’intelligenza artificiale (IA) cambierà la vita delle persone nei prossimi 10 anni. Gli esperti suggeriscono che entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe prendersi cura degli anziani, creare film, assistere nell’insegnamento, rilanciare l’economia e aiutare a risolvere le crisi energetiche. L’autore della serie di fantascienza di Apple TV “Doomsday Bunker”, Hoye, prevede che l’intelligenza artificiale avanzerà così tanto da poter generare un intero film in un giorno. Il dottor Ajaz Ali, responsabile aziendale e informatico presso la Ravensbourne University di Londra, nel Regno Unito, specializzato in media digitali e design, prevede che l’intelligenza artificiale personalizzerà i programmi di insegnamento per le classi, rivoluzionando l’istruzione, creando tutor di intelligenza artificiali personalizzati. Simon Bain, fondatore e amministratore delegato della società di software statunitense OmniIndex, ritiene che entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe possedere la capacità di prevedere molti problemi medici, consentendo ai professionisti di anticipare i futuri problemi sanitari utilizzando strumenti specializzati. Sam Altman, fondatore di OpenAI, suggerisce che entro il 2030 l’intelligenza artificiale potrebbe contribuire a risolvere la crisi energetica mondiale favorendo lo sviluppo della fusione nucleare, producendo energia pulita quasi illimitata senza scorie radioattive e dando dunque un sostegno mica male per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Brett Gronow, fondatore di Systema AI, azienda che detiene brevetti globali citati da Apple, Amazon, Microsoft, Samsung e Spotify – prevede un futuro in cui, se l’intelligenza artificiale dovesse superare determinati vettori delle capacità umane dell’intelletto, potrebbe inaugurare un’èra di intelligenza generale artificiale (AGI). ChatGPT è la persona dell’anno perché ha costretto tutti noi a riflettere su questi temi, ad aprire le finestre della nostra conoscenza, a metterci in gioco, a ragionare sul nostro futuro e a trovare risposte a una domanda complicata da decifrare: ma se vi è un lavoro che un domani potrebbe essere sostituito da una macchina è necessario opporsi all’implementazione di quella macchina o è necessario invece far sì che i lavoratori del futuro possano essere formati per svolgere un lavoro che nessuna macchina può replicare? Ha scritto l’Economist pochi giorni fa che una tecnologia non ha bisogno di porre fine al mondo per poter cambiare il mondo. ChatGPT è lì che ci dimostra che tra essere la fine del mondo e cambiare il mondo c’è una differenza sottile: tra chi considera il futuro come una minaccia da cui proteggersi o una opportunità da sfruttare. Ottimisti o luddisti? Per conoscere la nostra risposta non è necessario chiedere alla nostra persona dell’anno: ChatGPT, o yeah.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.