ceo contro ceo

Musk trascina in tribunale Altman per aver fatto dell'IA un pericolo per l'umanità

Pietro Minto

Il ceo di Tesla denuncia il numero uno di OpenAi per aver "violato" gli accordi che portarono alla fondazione della società nel 2015. L'oggetto della disputa è la mission originaria dell'azienda, cioè agevolare lo sviluppo di una intelligenza artificiale “sicura e benefica” per il genere umano

Elon Musk che denuncia Sam Altman per aver “violato” gli accordi che portarono alla fondazione di OpenAI, nel 2015, è solo l’ultima puntata di una saga che mescola intelligenze artificiali e risentimenti smaccatamente umani. E personali. L’oggetto della disputa è la missione originaria dell’azienda, nata per agevolare lo sviluppo di una IA “sicura e benefica” per il genere umano. Per riuscirci, OpenAI fu fondata come no profit e pensata per mantenere un approccio aperto, accademico e collaborativo, e smettere le consuetudini da startup tecnologica, fatte di competizione e segreti industriali. La posta in gioco era troppo alta, temevano Altman e Musk, all’epoca sodali: il rischio era che l’umanità si estinguesse a causa delle IA. Non c’era spazio per il business.
 

Capire l’origine di questa strana impresa è però impossibile senza parlare dell’azienda che turbava i pensieri di Musk e lo spinse a promettere miliardi di dollari alla no profit: Google. Da tempo Google investiva nelle IA: nel 2014 aveva acquisito l’inglese DeepMind, tra le più promettenti realtà nel campo, su cui anche Musk aveva investito. Quest’ultimo provò a bloccare l’accordo con Google, invano. Per rifarsi, l’anno successivo passò all’attacco con OpenAI. Nel 2018 tentò anche di prendere controllo della stessa OpenAI, fu respinto da Altman e se ne andò sbattendo la porta.
 

A questo punto il piano si inclinò definitivamente: OpenAI, come ente di ricerca, rimase senza fondi e fu costretta a chiedere aiuto a Microsoft. Qualche anno dopo, sempre preoccupata dai progressi fatti da Google nel campo, decise di mettere online un chatbot, ChatGPT, per testare un modello linguistico a cui stavano lavorando. Ma non fu più la stessa, e neppure il mondo. In pochi mesi OpenAI divenne una delle società più chiacchierate, allontanandosi sempre di  più dai valori della missione originale e ricevendo ulteriori investimenti miliardari da Microsoft.
 

Dopo il boom di ChatGPT, Musk, nel frattempo diventato proprietario di Twitter, tornò anche all’attacco lamentando il tradimento della “mission” originale. Invidioso del successo dell’ex alleato? Forse, ma anche coerente con la costante megalomania che sembra guidare le sue decisioni: compriamo Twitter per salvare la libertà di pensiero; fondiamo una no profit per salvare l’umanità dalle IA impazzite; andiamo su Marte per salvare la Terra.
 

Nel documento con cui Musk, che non chiede soldi a OpenAI, ha presentato i motivi della causa, si raccontano i vecchi timori di Altman per l’AGI (Artificial General Intelligence), un tipo di IA per adesso solo teorica, talmente potente da capire e apprendere qualunque compito in grado di essere fatto da un umano. OpenAI, si legge, “è stata trasformata in una controllata della più grande azienda tecnologica del mondo”, e starebbe sviluppando “un’AGI per massimizzare i profitti di Microsoft e non per il bene dell’umanità”. Spetterà a un giudice, quindi, tentare di definire in termini legali un concetto sfuggevole e fantascientifico come quello di AGI, e determinare se Altman abbia davvero tradito la promessa originale della società.

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