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Innovare la politica

Di fronte a Musk, Meloni avrà capito che il suo governo sul digitale è un disastro?

Carlo Alberto Carnevale Maffè

In Italia non abbiamo una strategia tecnologica pubblica, investimenti high-tech né qualche idea sui software. Mentre nel resto d’Europa si stendono tappeti rossi, il dibattito da noi si concentra su come fare a “cacciare gli avvoltoi”

Arriva Elon, e Giorgia non ha niente da mettersi. Non si dice di scroccare un passaggio orbitale su SpaceX, e nemmeno di voler riservare un posticino per spedire qualcuno su Marte (avrei una lista personale da suggerire, just in case…). Non abbiamo uno straccio di strategia tecnologica pubblica, neanche un rimasuglio di idee bislacche sul software, una to-do-list scritta a mano con qualche progettino di IA, due conti per attrarre investimenti high-tech buttati giù back-of-the-envelope. Macché. Niente. La probabile lista della spesa di Musk invece, non è ancora pubblica al momento di andare in stampa, ma è facilmente intuibile: automobili elettriche, energia verde (da produrre, da immagazzinare e da distribuire), satelliti e vettori spaziali. E poi, neanche tanto nascostamente, una sponda politica per rintuzzare la guerra regolatoria della Commissione europea sulle regole per le piattaforme digitali. Nella più cinica delle ipotesi, Musk può avere in mente di usare l’Italia come fornaio di riserva: qualcuno che sappia cucinare almeno una michetta alla mortadella tecnologica, nel caso in cui la sofisticata baguette che sta cercando di ottenere da Macron abbia un prezzo – economico e politico – troppo elevato. Già, perché invece i cugini francesi un’agenda tecnologica per ingaggiare Musk l’hanno ben chiara in testa, e l’hanno anche squadernata in pubblico, non senza l’immancabile grandeur.

 

Come Macron ha annunciato al VivaTech, la grande fiera francese sulle nuove tecnologie (in Italia non abbiamo nessun evento paragonabile: proviamo a domandarci perché…), incontrerà Musk per la seconda volta in meno di un mese con un ordine del giorno chiaro: parlare di intelligenza artificiale, social media, quadro normativo digitale, e poi di fabbriche per costruire auto elettriche e batterie; il tutto da posizionare in Francia, nazione che ha già saputo attirare quattro progetti di gigafactory per batterie, il primo inaugurato il mese scorso da un consorzio che comprende Stellantis, Mercedes-Benz e l’azienda petrolifera francese TotalEnergies. La Germania ha già ottenuto il risultato di essere il primo interlocutore industriale di Tesla in Europa e la Spagna si sta dando molto da fare per attirare una gigafactory per la propria industria automobilistica: mentre nel resto d’Europa si stendono tappeti rossi per attirare gli investimenti delle grandi multinazionali della tecnologia, il dibattito politico in Italia è dominato – a destra come a sinistra – dalla volontà di respingere le mortali minacce degli avvoltoi stranieri che vogliono sottrarre il frugale pasto alle nostre piccole imprese.

 

Il governo dovrà chiarire se suole davvero trasformare l’Italia in uno hub energetico delle tecnologie di ieri, quelle per i combustibili fossili, con gasdotti e rigassificatori, o se ha davvero intenzione di intraprendere una politica energetica di nuova generazione. Ma se volesse ingaggiare Musk su un terreno non troppo affollato da concorrenti europei, Giorgia Meloni dovrebbe mettere in campo un programma di collaborazione su diversi fronti: dal settore aerospaziale, dove possono giocare, oltre a Leonardo e Avi, molte delle nostre brillanti startup dell’ecosistema, a quello del software per intelligenza artificiale generativa, che oggi ha bisogno di talenti creativi e di buone basi accademiche sulle scienze del linguaggio, nelle quali la scuola italiana ha solide tradizioni, fino alle piattaforme di smart mobility urbana al posto di faraonici progetti di strade ferrate che non arrivano a superare il 10 per cento dei fabbisogni logistici nazionali. Il governo metta sul piatto della trattativa con Musk il re-indirizzo di quella (grande) parte dei fondi del Pnrr che ha poco a che fare con l’innovazione tecnologica e la produttività di lungo termine, e proponga un modello semplificato ed efficace di partenariati pubblico-privati che possa trascinare il co-investimento delle imprese, invece di spiazzarlo come succede troppo spesso oggi. In un’epoca in cui i grandi imprenditori dell’high-tech trattano direttamente con i governi, senza intermediazione, Giorgia Meloni usi l’ormai indiscussa leadership politica di cui dispone per far capire a Musk, e a tutti i grandi attori delle tecnologie avanzate, che l’Italia non è solo tradizioni e anticaglie, ma anche innovazione e futuro.