(foto Unsplash)

pixel per pixel

Per ora il metaverso sembra una grande occasione di cyber-speculazione immobiliare

Pietro Minto

Dopo anni di crescita continua, il settore crypto sembra aver compreso l’adagio del caro e vecchio mattone: meglio affittare che vendere. Così, a vincere è chi arriva prima degli altri

Nel 2005 lo studente inglese Alex Tew, allora ventenne, decise di pagarsi gli studi aprendo un sito internet che avrebbe messo in vendita pixel per pixel. Ogni puntino luminoso poteva essere acquistato da aziende o singoli per costruire banner pubblicitari, per un totale di un milione di pixel. L’esperimento fu un successo, diventando una delle primissime hit virali di un internet ancora in fasce. A sedici anni da “The Million Dollar Homepage”, c’è chi vorrebbe applicare lo stesso meccanismo di lottizzazione all’intera internet. Anzi, al metaverse, il sogno digitale che Mark Zuckerberg vuole costruire prima di chiunque altro. Più che una nuova fase per le telecomunicazioni, però, il metaverso, almeno per il momento, sembra una grande occasione di cyber-speculazione immobiliare. In questo magico mondo di pixel non ci sono piani regolatori né protocolli da seguire: sta al privato fondare il mondo virtuale che sarà, per poi concederlo in licenza agli utenti del futuro.

Così la prima ondata di startup crypto, nate per sperimentare sulla blockchain, le criptovalute e gli Nft, sta lasciando spazio a realtà come Tokens.com, che si occupa proprio di proprietà immobiliari digitali. Queste società costruiscono, colonizzano e mettono in vendita mondi che potenzialmente potrebbero diventare l’internet del futuro. Una di queste è Decentraland, un mondo virtuale coloratissimo che presenta già distretti dedicati al gioco d’azzardo, allo shopping e all’arte. Da queste parti c’è anche la “Crypto Valley”, il corrispettivo “metaversiano” della Silicon Valley. Luoghi nati dal nulla che attirano le attenzioni degli investitori, pronti ad accaparrarsi un angolo di paradiso da poter poi rivendere a caro prezzo. O, perché no, affittare. Dopo anni di speculazione e crescita continua, il settore crypto sembra infatti aver compreso l’adagio del caro e vecchio mattone: meglio affittare che vendere. Così, a vincere è chi arriva prima degli altri.

A mettere in chiaro il programma di questi gentrificatori virtuali è lo stesso Andrew Kiguel, co-fondatore di Tokens, che al New York Times ha spiegato le sue intenzioni: “Piuttosto di provare a creare un universo come Facebook, ho pensato: ‘Perché non compriamo i terreni di questi metaversi in modo da diventarne i locatori?’”. Un’idea di rete ben diversa da quella originale, nata come progetto militare e diventata un mezzo di comunicazione universale. Ma quello era il “vecchio” web, il Web 1.0 e 2.0: i crypto-profeti inseguono invece le tracce della loro personalissima Atlantide, il Web3, un mondo dove criptovalute, realtà virtuale, Nft e ideali libertariani convivranno beatamente, senza alcun ente “centrale”, che sia un governo o una banca centrale. Una rete senza padroni, secondo i loro sostenitori, in quanto decentralizzata; ma una rete in cui a farla da padrone saranno i primi arrivati, i colonizzatori, la nuova casta di nobili arricchiti con le criptovalute.

Anche per questo c’è già chi vuole lottare per non trasformare tutta internet in un’enorme pagina di cui tutti i pixel sono in vendita. O meglio, i cui pixel sono già stati comprati da qualcun altro: all’utente, e a tutti noi, non resta che affittarli a caro prezzo.

Di più su questi argomenti: