(foto EPA)

Spotify ambisce a dominare il settore audio e compra una società di AI a scopi militari

Pietro Minto

Perché il salto dallo streaming musicale al settore della difesa, per quanto inaspettato, non deve sorprenderci. Almeno dal punto di vista tecnologico

Spotify ci osserva sempre. Ce lo ricorda ogni anno, sotto Natale: dopo il Prime Day di Amazon, dedicato allo shopping, ecco Spotify Wrapped. Il fenomeno ha riempito i feed di molti, con il rituale riassunto delle abitudini di ascolto degli utenti, che l’azienda quest’anno ha presentato sotto forma di “stories” ironiche il giusto, in cui ogni utente viene incasellato e riassunto sulla base delle sue preferenze musicali. Quello che potrebbe sfuggire tra tanta ilarità è la potenza analitica di cui necessita questo scherzetto chiamato #SpotifyWrapped2021. Per realizzarlo su scala così vasta, gli algoritmi di Spotify studiano di continuo i nostri comportamenti, in particolare i legami emotivi che gli utenti sviluppano per alcuni brani. Anche una banale playlist chiamata “Canzoni tristi” può nascondere un tesoro per la piattaforma, sempre attenta a collegare i contenuti al nostro umore. Così il cervellone di Spotify migliora di anno in anno, celebrando le proprie sinapsi con un evento virale attesissimo, che ha anche l’effetto collaterale positivo di spingere molti utenti ad aggiornare la propria app, se vogliono godersi lo spettacolo. 

Spotify e l'uso dei big data

Il piano di conquista dell’azienda punta ormai all’intero spettro di esperienze sensoriali legate all’udito, più che alla semplice musica. Immortalato recentemente dalla rivista Forbes, il fondatore di Spotify, lo svedese Daniel Ek, classe 1983, ha detto: “Tutti sottovalutano l’audio. Dovrebbe essere un settore da centinaia di miliardi di dollari. E sta a noi vincerlo”. Ek, come il suo algoritmo, non si ferma mai. Se l’anno scorso aveva provato a comprare l’Arsenal, invano (i proprietari non vendono), nelle scorse settimane il suo fondo Prima Materia ha investito 100 milioni di euro nella startup Helsing. Si tratta di un’azienda che non produce né musica né tecnologie per lo streaming, ma ha una missione piuttosto ambiziosa: “Intelligenza artificiale al servizio delle nostre democrazie”.

Cosa fa Helsing, società su cui Spotify ha investito 100 milioni di dollari

Helsing è una realtà di Monaco di Baviera che punta a utilizzare le IA per dare supporto agli eserciti sul campo, combinando riprese dal drone, immagini satellitari, radar e altre informazioni in tempo reale, per avere una fotografia affidabile – e sicura – della situazione. A oggi la sua tecnologia è stata venduta ai governi di Francia, Germania e Regno Unito. Helsing sembrerebbe una versione europea di Palantir, la temuta azienda di intelligence militare fondata da Peter Thiel, l’uber-cattivo della Silicon Valley; ma a differenza di Palantir, che non sembra soffrire troppo per questa sua nomea, quelli di Helsing ci tengono a precisare quanto il loro lavoro sia nel nome della democrazia. Dotazioni militari sofisticate che non servono a fare la guerra quanto a preservare l’ordine costituito. I suoi prodotti “offrono una visione integrata dell’ambiente operativo per favorire un decision-making più veloce e preciso”, perfetto sia per la guerra sia per la cyber-guerra. Quanto ai possibili clienti, l’azienda assicura di “operare con paesi che rispettano i più alti standard democratici”. Inevitabile la protesta di molti utenti e molti musicisti, già oscurata dall’euforia collettiva legato a Wrapped.

Il salto dallo streaming musicale al settore della difesa, per quanto inaspettato, non deve sorprenderci, almeno dal punto di vista tecnologico. Come dimostrato dai legami tra Amazon, Google, Oracle e Microsft con il Pentagono, il settore informatico è sempre più cruciale per l’industria militare. Non basta saper raccogliere e conservare enormi moli di dati; bisogna analizzarli e studiarli, addestrare reti neurali in grado di cogliere pattern invisibili a noi umani, al fine di donarci playlist musicali sempre più precise, di consigliarci il podcast giusto al momento giusto – o di determinare se l’esercito nemico sta spostando delle truppe verso il confine.

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