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Facebook lancia Bulletin, la sua piattaforma di newsletter. La rincorsa di Big Tech
Mark Zuckerberg recluta giornalisti per far decollare il suo nuovo progetto. Il punto forte è il pubblico, già presente su Facebook, segmentato e targettizzato. Non si ferma la rincorsa dei giganti della Silicon Vallery verso l'industria dei contenuti
Si chiamerà “Bulletin”, come Bollettino delle notizie, e sarà la piattaforma di newsletter di casa Facebook. Mark Zuckerberg ci tiene parecchio, e ha già fatto arruolare dai suoi decine di autori (giornalisti e non) specializzati in settori come Sport, Scienza, Salute e Finanza. Niente scrittori “divisivi” o troppo “politici”, fanno sapere le fonti. Quelli ci sono già altrove, e forse non farebbero neppure bene a una piattaforma già vittima di troppa polarizzazione come Facebook.
L’accordo è semplice e simile a quello messo in piedi da altre piattaforme come Substack: i giornalisti reclutati “passano a Facebook” dietro sostanziosa offerta economica. In cambio, pubblicheranno in maniera esclusiva la loro newsletter sulla piattaforma di Zuckerberg, e potranno decidere di metterla a pagamento per i lettori, dividendosi le quote con Facebook.
Funzionerà? Di sicuro, Zuckerberg ha l’arma più potente mai avuta finora da una piattaforma: quelle 2,8 miliardi di persone già presenti sul social che rappresentano altrettanti potenziali iscritti per le newsletter in arrivo. Un pubblico già perfettamente segmentato e targettizzato, che potrebbe ricevere già da domani sul suo feed la pubblicità della newsletter specializzata sul tema su cui ha espresso preferenze (già, voi che avete messo qualche like alle scarpe di Balenciaga, vi ritroverete suggerita la newsletter sulla moda di Facebook).
Al di là del successo, però, come ha scritto Sara Fischer su Axios l’operazione è il simbolo, potentissimo, di un trend che in queste settimane sta scuotendo la Silicon Valley: il tentativo affannoso e a volte sgraziato da parte di Big Tech “di costruire nuovi strumenti per competere con le piccole aziende e conquistare così l’attenzione dei Creators”. Tradotto: i giganti cercano di stare dietro ai piccoli.
Dalla loro nascita fino alla pandemia, le piattaforme tech come Facebook, Twitter o Spotify si sono concentrate a generare guadagni sulla pubblicità, dimenticandosi di creare strumenti affinché i creators potessero crearsi un proprio pubblico direttamente e fare soldi tramite esso. Erano gli account “business” dei brand i veri protagonisti dell’economia delle piattaforme: quelli che potevano investire, quelli che potevano monetizzare e quelli che avevano gli strumenti più esclusivi e fighi per farlo. Negli ultimi anni, e specie durante la pandemia, la capacità di generare l’attenzione e di monetizzarla è passata sempre più dalle tradizionali strutture alle singole persone. “Creator economy”, la chiamano: l’economia fatta da persone singole (i Creators) che producono, distribuiscono e soprattutto monetizzano direttamente i loro contenuti, che siano audio, video, o appunto testi scritti. E visto che anche la rete non contempla buchi, quella necessità di monetizzazione diretta e immediata non coperta dalle piattaforme più grandi, è stata finora risolta da startup dalle dimensioni infinitamente più piccole. Patreon per i micropagamenti; Clubhouse per gli audio, Twitch per le dirette video, Substack per le newsletter. Tutti servizi pensati per permettere ai Creators di creare il proprio prodotto, di distribuirlo e di monetizzarlo direttamente tramite il rapporto con la community.
Ora, con i loro tempi, stanno arrivando i giganti. Spotify ha appena lanciato la sua piattaforma che permette di creare room audio live (come Clubhouse), e sta lavorando a un tool per permettere ai piccoli podcaster di guadagnare direttamente tramite le donazioni degli ascoltatori. Twitter, ormai alla ricerca disperata di un’idea originale, ha annunciato Spaces per l’audio (come Clubhouse) e Revue per le newsletter (come Substack). Facebook sta testando le sue “Live audio Rooms” (come Clubhouse) e ha ora lanciato Bulletin (come Substack).
Tutti sono partiti alla ricerca di Creators che producano contenuti di valore sulle loro piattaforme, corteggiandoli con il cash e opportunità imbattibili di aumentare la propria fanbase. Secondo uno studio della società di venture capital SignalFire, il bacino potenziale dei corteggiabili è di 50 milioni di persone, tante nel mondo si considerano “Creators”. E’ la guerra dei talenti, ed è appena cominciata.
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