Foto LaPresse

Zuckerberg si è accorto che non c'è un modo meccanico per controllare le fake news

Giovanni Maddalena

Il panorama è così ampio e partecipato da tutti che la partita è sicuramente persa. Il fondatore di Facebook ha gettato la spugna: il social network, come da natura del capitalismo, sarà “libero” e soprattutto “mercato”

La grande svolta culturale di Facebook sembra essere arrivata qualche giorno fa in un’intervista a CBS. Messo alle strette sul motivo per cui non avesse seguito la stessa linea dei suoi cugini poveri di Twitter che hanno proibito sulla propria piattaforma le inserzioni politiche a pagamento, Zuckerberg ha detto che ciò introdurrebbe una censura politica, che in democrazia ciascuno dice che cosa vuole e che sarà la gente a decidere che cosa è vero e che cosa è falso. A nulla sono valse le proteste a Menlo Park da parte di alcuni dipendenti che hanno sollevato la questione della differenza tra un post spontaneo e uno sponsorizzato. Zuck stavolta sembra aver deciso e alcuni, come il Guardian, insinuano che la svolta sia avvenuta dopo un pranzo con Trump.

 

Certo, la svolta non è da poco. Dopo le elezioni presidenziali del 2016, Zuck ci aveva investito di pensosi post, spesso lunghissimi e noiosissimi, che erano la quintessenza del pensiero mainstream. Sembravano un misto di richiesta di ammenda per le colpe dei suoi social nell’elezione di Trump e di programma mondiale da paladino dell’onestà da M5s prima maniera. Zuck si era anche impegnato in diverse proposte pratiche: le bandierine per segnalare le fake news, l’algoritmo che privilegia i contenuti privati e familiari, la “war room” di combattimento contro le fake news in occasione delle elezioni parlamentari americane del 2018. Programmi seriosi annunciati, spiegati, propagandati fino alla noia.

 

Ora, dopo due anni di processi e multe per lo scandalo di Cambridge Analytica, di audizioni nei parlamenti americani ed europei, di fallimenti di ogni strategia di controllo delle news, Zuck in due battute liquida il problema: “ci sono molte opinioni diverse e dibattute sull’argomento. Alla fine della fiera, penso che in democrazia ciascuno debba poter decidere da solo sull’attendibilità di un politico”. Forse ci siamo: Zuck è arrivato a toccare terra. Lo farà forse per continuare a guadagnare anche dai politici o convinto da Trump che vuole continuare la propria forma di campagna-guerrilla sui social. Comunque sia, con molto realismo, che non richiede post infiniti, Zuck è arrivato a riconoscere la radice della questione: non c’è nessun modo meccanico di controllo delle fake news e, se ci fosse, non sarebbe un bene.

 

Non c’è modo perché le fake news hanno troppe tipologie diverse: ci sono i meme facili da contrastare, ma sono la minoranza. Più difficili sono le informazioni parziali o decontestualizzate, le notizie su eventi pensati apposta per la circolazione mediatica, i discorsi su altri discorsi riportati. Insomma, il panorama è così ampio e partecipato da tutti – che cosa facciamo in fondo quando modifichiamo una foto sul cellulare? – che la partita del controllo è sicuramente persa. A meno di entrare in universi totalitari e distopici di controllo, dove FB o uno degli altri grandi diventa una sorta di “padrone del mondo” che decide del pensiero di ciascuno. Ma Zuck, che pure aveva accarezzato l’idea di una vita dentro FB per ciascuno, – forse spaventato dalla minaccia di spezzettare la sua creatura della deputata Ocasio-Cortez – ha gettato la spugna. FB, come da natura del capitalismo, sarà “libero” e soprattutto “mercato”. Vedremo se sarà questa l’ultima parola e quali saranno le nuove proposte per affrontare il problema delle fake news, che rimane tale, e della concezione di libertà occidentale che di sicuro non è esente da rischi, contraddizioni e derive. Almeno però sembra tramontata la visione etica di FB. Ed è una buona notizia.