Illustrazione presente nel nuovo “Dizionario dei luoghi comuni” di Centauria (128 pp., 18 euro) è illustrato da Giancarlo Ascari e Pia Valentinis

Il Twitter di Flaubert

Nadia Terranova

E se il Dizionario dei luoghi comuni fosse nato sui social? L’esperimento dello scrittore francese avrebbe avuto vita difficile. A noi non resta che un fantaracconto e la parola mancante: internet

Bozza per un fantaracconto: Gustave Flaubert compra uno smartphone, apre un account Twitter e cinguetta ogni giorno un luogo comune diverso. L’obiettivo è semplice, bisogna costringere l’utente di social network a chiedersi se la frase sia da intendersi vera o ironica (una domanda complessissima, di questi tempi), a interrogarsi su sé stesso (mica l’avrò usata anch’io?), e nella migliore delle ipotesi a rispondere con pari o superiore luogocomunismo (addirittura!).

 

Dunque, lo scrittore comincia postando la A di Affari, i quali “passano davanti a tutto”, e aspetta le reazioni degli altri utenti. Nemmeno il tempo di mettersi in tasca il telefono che un letteralista dell’internet ha già chiesto la sua testa taggando il capo dell’azienda, ma, non avendo ricevuto risposta (la Luogo Comune SRL è una società di lavoratori indefessi), passa allo stadio successivo, la minaccia di boicottaggio: è un comportamento inammissibile, quel cinismo è da stronzi, non compreremo mai più luoghi comuni dalla Luogo Comune SRL. Per far risalire le quotazioni, il giorno dopo Flaubert tuitta un’altra A, quella di Assessori comunali: “Inveire contro di loro a proposito della pavimentazione delle strade”, perfetto! Non sappiamo chi fosse la Virginia Raggi dell’Ottocento francese, ma oggi una foto di monnezza sotto casa, soprattutto vicino a una buca, ti posiziona subito dalla parte dei giusti. Flaubert aggiunge anche il tag alla sindaca, così da aumentare i follower e moltiplicare i retweet. L’acclamazione dura poco, però, perché l’internet è crudele, quel che dà poi se lo riprende (altro che l’amore o la droga): quando per la A degli Architetti, “tutti cretini”, e per quella degli Agenti commerciali, “tutti ladri”, entrambe le categorie entrano in rivolta, l’hashtag #GustaveVergognati dilaga costringendo il povero scrittore a cancellare il tweet e a produrne uno di scuse, con la consulenza dell’ufficio stampa aziendale. Per fortuna, a riportare la pace c’è la B di Bestie, “ce n’è che sono più intelligenti degli uomini”: inondato di amore, foto di gattini, video di ippopotami che salvano la vita a esseri umani, di macachi capaci di risolvere equazioni differenziali di secondo grado e via postando, Flaubert tornerà internettianamente accettabile.

 


Lo scrittore comincia postando la A di Affari, i quali “passano davanti a tutto”, e aspetta le reazioni degli altri utenti. Non c’è modo migliore di stare sui social network: non parlare di nulla, non esprimere mai un’opinione. Anzi, non formarsene una


 

Fosse per me, all’incauto francese suggerirei di tenere presente solo la C di Conversazione: “La politica e la religione non devono entrarvi”. Non c’è modo migliore di stare sui social network: non parlare di nulla, non esprimere mai un’opinione, l’ideale anzi è proprio non formarsene una, se proprio sorge spontanea tenersela per sé, nasconderla dentro un libro magari, tanto quelli non li legge più nessuno. Infatti, per giocare a questa ucronia, sto pescando da un oggetto che più vintage non si può, non solo pagine di carta, ma persino disegnate e di buona fattura: Centauria editore ha pubblicato un Dizionario illustrato dei luoghi comuni con una scelta di esclamazioni e considerazioni che Gustave Flaubert considerava indispensabili per galleggiare in società, e all’epoca andarono a costituire il suo progetto di un’Enciclopedia della stupidità umana. Le illustrazioni di Giancarlo Ascari e Pia Valentinis ne fanno un oggetto ancora più imperdibile e spalancano nuove ipotesi di idiozie contemporanee: alla R di Ruderi (“Fanno sognare e rendono poetico il paesaggio”) vediamo una ragazza che si fa un selfie in una città appena devastata da una guerra o da un sisma, e per riflesso automatico ormai ci chiediamo: sarà più scema lei o il linciaggio che moralizzerà la sua vanità?

 

Il punto è sempre lo stesso: in un libro, al contrario che su Twitter, la realtà non è bidimensionale e, oltre alle sfumature, è possibile persino far coesistere gli opposti, per esempio il fatto che dentro alcuni luoghi comuni si nascondano incontrovertibili verità. Mentre ci prendiamo gioco di quello che sembra un catalogo di sciocchezze, veniamo illuminati di tanto in tanto da sentenze definitive, come alla P di Parenti: “Sempre sgradevoli. Tenere nascosti quelli che non sono ricchi” (l’illustrazione mostra una festa in casa da cui restano fuori gli imbarazzanti consanguinei che l’avrebbero rovinata). Anche la M di Mattiniero è utile per ricordarsi che non tutte le insonnie sono uguali, ci sono quelle che ti fanno sembrare più intelligente e quelle che al contrario attirano l’altrui disprezzo: “Se ci si corica alle quattro del mattino e ci si alza alle otto si è pigri, ma se si va a letto alle nove di sera per scenderne l’indomani alle cinque, si è attivi”. Altre regole con la M che vanno forte per raggiungere il minimo di soglia intellettuale riguardano la Memoria: (“Lamentarsi della propria – e addirittura vantarsi di non averne”) e il Materialismo (“Pronunciare questa parola con ribrezzo calcando su ogni sillaba”). Tenersi invece lontanissimi dal consiglio flaubertiano sulla M di Malato, che evidentemente assorbe l’aria di un secolo in cui l’ironia e l’esorcismo delle proprie paure non erano ancora stigmatizzati: “Per tirar su il morale di un malato, ridere della sua malattia, e negare la sua sofferenza”. Provateci voi, nel millennio in cui tutti si offendono per tutto, a fare umorismo nero su uno che sta morendo o magari ha solo il raffreddore, e non pensate che se il malato siete voi andrà meglio, perché non si può più scherzare nemmeno su di sé, soprattutto su di sé. Se tuitterete che la vostra malattia è un dono, sarete messi alla gogna da quelli che vi faranno notare che loro quel dono non lo volevano; se invece direte che è una sfiga, a tirarvi le pietre saranno quelli che ne hanno fatto un punto di forza, un’opportunità. Peggio per voi, vi avevo messi in guardia sui pericoli del gioco d’azzardo che ormai è diventato esprimere opinioni, però, se siete consapevoli del passo falso che state per fare, potete almeno scegliervi il colore del linciaggio.

 


Sempre utili anche i consigli più pruriginosi, soprattutto da tenere ben presente la E di Erezione (“Si dice solo parlando dei monumenti”). “Frequentare esclusivamente persone vaccinate”. E’ l’ultimo tweet dell’account, segue shitstorm. Flaubert si cancella dai social


 

Mi lascia perplessa la E di Epoca (la nostra), per la quale il suggerimento di Flaubert è ambiguo e rischioso: “Inveire contro di lei. Lamentarsi perché non è poetica. Definirla epoca di transizione – di decadenza!”. Qui il dizionario si fa proprio datato: quella lamentazione era un luogo comune perfetto fino a qualche decennio fa, adesso invece va di moda vantarci di essere una generazione attiva e rivoluzionaria, una generazione che rischia tutto per un tweet e sfida i politici a suon di hashtag, altro che presa della Bastiglia, altro che ghigliottine, siamo un popolo di rivoluzionari che a Salvini le ha cantate su Twitter. Siamo un popolo di partigiani, infatti il venticinque aprile nell’internet ci sono solo nipoti di nonni che hanno sparato sulle colline (il fascismo lo avranno fatto i francesi di Flaubert, chissà), e alla bisogna sappiamo trasformarci in patrioti, Roma fa schifo ma possiamo dirlo solo noi: se Flaubert twittasse la lettera I (“Italiani: tutti traditori” e “Italia: dà molte delusioni, non è bella come dicono”) verrebbe rispedito in Francia a colpi di indignazione, perché tu barbaro d’Oltralpe la mia nazione non la tocchi, capito?

 

Per fortuna, un’altra E, quella di Erudizione, continua a giustificare la nostra ignoranza: “Disprezzarla in quanto segno di un’intelligenza limitata”. Sempre utili anche i consigli più pruriginosi, soprattutto da tenere ben presente la E di Erezione (“Si dice solo parlando dei monumenti”): non sapendo che stadio di andropausa si nasconda dietro un nick name molto maschio, abbiate l’accortezza di tacere, è un atto di cortesia, o di carità. E poi: Flaubert non poteva immaginare cosa sarebbe successo con l’invenzione del telefono, figuriamoci sospettare che l’avremmo usato per scambiarci foto da nudi, eppure la C di Costume da bagno (“Molto eccitante”) sembra scritta apposta per ricordarci che coprirsi, di tanto in tanto, non è una cattiva idea. Ma l’ucronia esplode davvero solo alla T di Terra: “Dire i quattro angoli della Terra, dato che è rotonda”. Era una buona battuta un secolo fa, quando se uno si dichiarava terrapiattista veniva internato, ma oggi è ben più pericolosa, se lo asserite online rischiate di fornire una prova ai matti che se la tirerebbero dalla loro parte: è ovvio che la Terra non sia rotonda, altrimenti perché esisterebbe quel modo di dire? Con i gruppi Facebook di quelli che riscrivono l’universo potremmo far calare un penoso sipario, ma i conflitti nell’internet o sono sanguinolenti o non sono, e Flaubert, che era preveggente, si è lasciato il meglio per la fine, si spara tutto con la V di Vaccino: “Frequentare esclusivamente persone vaccinate”. Boom! E’ l’ultimo tweet dell’account, segue shitstorm peggio di quelle contro il dottor Burioni e conseguente, sofferta decisione di Flaubert di cancellarsi dai social.

 

Se volete continuare a giocare, vi resta il volume edito da Centauria: le pagine di carta restano luoghi di resistenza dove si può stare al sicuro, dove non ti risponde nessuno. Senza esagerare, perché poi finisce che ci si annoia: “Qualunque esso sia, sempre troppo lungo”, ammonisce Flaubert circa la L di Libro. Per fortuna il suo, di libro, è breve, tutto riassunto alla D di Dizionario (“Riderne. E’ fatto solo per gli ignoranti”). Anzi, finisce troppo presto, lasciandoci come rammarico il vuoto del lemma mancante: la I di Internet.