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La dipendenza dai dati

Eugenio Cau

La “sovranità digitale” era un affare dei dittatori, ma ora ne parla anche Angela Merkel. Ecco perché

Milano. La cancelliera tedesca Angela Merkel durante una conferenza di imprenditori il 12 novembre a Berlino ha detto che l’Europa dovrebbe recuperare la propria “sovranità digitale”, che in questo momento è schiacciata dall’egemonia delle multinazionali americane di internet. “Sovranità digitale” è un termine che siamo poco abituati a sentire in bocca a leader occidentali. Un grande appassionato del tema è Xi Jinping, segretario del Partito comunista cinese e presidente della Cina, che ha fatto della sovranità digitale una delle priorità del regime dittatoriale di Pechino. Xi parla di sovranità digitale da anni, e l’ha citata centinaia di volte nei suoi discorsi, come hanno scritto Yu Hong della Zhejiang University e G. Thomas Goodnight della University of Southern California in un articolo intitolato “How to Think about Cyber Sovereignty: The Case of China”. Xi ha contagiato altri leader non esattamente democratici con la passione per la sovranità digitale. Il russo Vladimir Putin ha fatto approvare quest’anno una legge per creare un “internet sovrano”. L’indiano Narendra Modi e il governo brasiliano hanno mostrato interesse per progetti di sovranismo digitale.

 

Sembra strano, allora, che lo stesso tema sia citato con convinzione da Angela Merkel, che molti considerano come la vera leader del mondo libero, dopo l’abdicazione da questo ruolo del presidente americano. Il governo tedesco parla di progetti di sovranità digitale già da tempo, ma il discorso recente di Merkel è stato così deciso da segnare un momento di svolta, tanto che ieri il Financial Times gli ha dedicato un’ampia porzione della prima pagina. “Moltissime aziende [tedesche] hanno esternalizzato tutti i loro dati ad aziende americane”, ha detto Merkel, facendo riferimento al fatto che il business del cloud computing in occidente è un monopolio di poche aziende, tutte degli Stati Uniti, come Microsoft, Amazon, Google e Oracle. Questo significa che la stragrande maggioranza dei siti internet, dei servizi online, dei sistemi digitali interni delle aziende girano su computer posseduti e gestiti da quelle aziende. “Non dico che questa sia una cosa cattiva di per sé”, ha detto Merkel. “Ma i prodotti a valore aggiunto che sono generati da quei dati, con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, finiranno per creare delle dipendenze, e non sono sicura che questa sia una buona cosa”. La cancelliera riprendeva le parole del suo ministro dell’Economia, Peter Altmaier, che da mesi cita il tema e che quest’estate ha detto che “La Germania rivendica la sua sovranità digitale”. Altmaier ha annunciato due settimane fa un piano paneuropeo per un’infrastruttura cloud capace di fare concorrenza ad Amazon e a Google, chiamata Gaia-X.

 

Merkel e Altmaier hanno buoni argomenti dalla loro parte. Se sei un governante tedesco e noti che i preziosi dati riservati della Volkswagen e di altre grandi aziende nazionali, così come i dati del ministero dell’Interno, sono conservati su server di aziende private americane inizi a farti delle domande, specie in un periodo in cui il presidente degli Stati Uniti abbandona il multilateralismo e usa la tecnologia come strumento di pressione commerciale. E’ un discorso simile a quello che si fa quando si parla di impedire ad aziende cinesi di installare su territorio europeo infrastrutture strategiche come quelle per il 5G, ma ancora più delicato, perché gli Stati Uniti sono un alleato con cui l’Europa condivide i valori della democrazia e della libertà d’impresa. (Nota: i tedeschi non vogliono bandire i servizi cloud americani, vogliono creare dei concorrenti locali e usare probabilmente un po’ di vecchio protezionismo).

 

Il tema diventa ulteriormente complesso perché mentre le infrastrutture 5G sono installate sul territorio nazionale, la rete internet è sovranazionale, e spesso i dati tedeschi, italiani o americani sono conservati in server sparsi in tutto il mondo. Merkel è stata la più esplicita tra i leader europei, ma ormai in tutte le capitali del Vecchio continente si covano progetti più o meno sfumati di sovranità digitale. C’entra una più ampia sfiducia transatlantica e una nuova sfiducia nei confronti delle aziende della Silicon Valley. Ma c’entra, soprattutto, il fatto che il sogno di un dominio digitale davvero sovranazionale è ormai sfumato. La rete è diventata dominio della geopolitica, e questo è l’ultimo fallimento di quel progetto utopico che è stato internet.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.