Parigi in trottinette
Monopattini elettrici, quasi un gioco nelle strade della Ville Lumière. Gli intellò storcono il naso, ma crescono le start-up del settore
"In città, c’è la volontà di ridurre l’utilizzo delle auto e le emissioni di gas serra. La mobilità sarà diversa e i monopattini e le bici avranno un ruolo importante negli spostamenti brevi, perché sono dei mezzi di trasporto più piacevoli, più pratici e più flessibili". Ha le idee chiare Maxime Romain, giovane frenchie espatriato in Olanda assieme all’amico Henri Moissinac. Si sono conosciuti lavorando per Ofo, il gigante del bike-sharing cinese, un’esperienza da cui è nata la convinzione che ci fosse spazio per un attore europeo capace di contrastare il dominio di Pechino nella condivisione delle biciclette (Mobike e Ofo) e quello americano nel settore dei monopattini elettrici (Lime e Bird). Così hanno deciso di creare Dott, la start-up che “sogna di essere leader europea delle mobilità condivise”, come ha scritto Les Echos, e che ha appena raccolto 20 milioni di euro di fondi pronti a essere investiti nello sviluppo di progetti di “micromobilità dolce”. Ad Amsterdam, e dove se no, hanno concentrato il loro business di bike-sharing, ma è a Parigi che puntano a diventare leader nel campo dei monopattini elettrici. Perché la metropoli francese, complice il vento favorevole portato da Emmanuel Macron e dalla sua politica pro innovazione, è diventata l’epicentro delle nuove mobilità, uno dei terreni più fertili per i disruptor dei trasporti, ma soprattutto la capitale mondiale delle “trottinettes électriques”. Dalla settimana scorsa, i monopattini di Maxime e Henri sono utilizzati dai ragazzi della Station F., il maxi incubatore di start-up fondato da Xavier Niel, e entro la fine di aprile saranno messi a disposizione di tutti i parigini, che potranno utilizzarli tramite una semplice app. Ma le loro “trotti”, come vengono soprannominate a Parigi, sono soltanto le ultime arrivate di un mercato che contava già otto attori, e che per molti, i meno liberali, è quasi arrivato a saturazione.
La start-up Dott ha appena raccolto 20 milioni di euro pronti a essere investiti nello sviluppo di progetti di “micromobilità dolce”
Michel Onfray vede in questi adulti che sfrecciano in “trotti” il passo finale verso il baratro di una “società infantilizzata”
I primi a sfrecciare sull’asfalto parigino sono stati gli americani di Lime e Bird, poi è sbarcata la berlinese Flash, seguita dai suoi connazionali Wind, Tier e Hive, dalla svedese VOI e dall’estone Bolt, servizio di noleggio monopattini fornito dall’omonima società di ncc. Per beneficiare del mezzo che, per gli addetti ai lavori, renderà presto obsoleta l’automobile nei centri delle grandi metropoli, bastano pochi e semplici passi: scaricare l’app della rispettiva azienda, registrarsi, collegare un metodo di pagamento, individuare il monopattino elettrico più vicino con l’aiuto del Gps e sbloccarlo con il proprio smartphone tramite un QR code, attraverso il quale si fa anche il “check out” una volta giunti a destinazione. A differenza delle bici del servizio comunale di sharing Vélib Métropole, da raccogliere e poi ricollocare in apposite rastrelliere spesso piene, il monopattino, una volta arrivati alla meta desiderata, può essere parcheggiato in strada, su un marciapiede o in qualsiasi altro posto dello spazio urbano, a condizione di non intralciare la mobilità – il cosiddetto free floating. Il costo dell’operazione? Un euro per il noleggio e 15 centesimi per ogni minuto di utilizzo, tenendo conto che ogni trottinette, in media, ha un’autonomia di 30 chilometri (i monopattini di Dott ne garantiscono anche più di 50).
“Siamo di fronte a una rivoluzione come con l’auto privata”, ha dichiarato al Monde Kenneth Schlenker, il direttore di Bird France che desidera “ridurre la congestione del traffico e l’inquinamento diminuendo l’uso della macchina”. L’analisi è condivisa in toto anche dal suo concorrente, Arthur-Louis Jacquier, alla guida di Lime France, convinto che questa nuova forma di mobilità “più dolce, più ludica e più ecologica” stia cambiando radicalmente la vita delle capitali globalizzate. Il Monde li ha definiti i “nuovi evangelisti della mobilità” – altri, meno entusiasti del loro arrivo, “i filibustieri dell’asfalto” – tutti usciti da uno spazio di coworking con la loro giacca fluo e il loro smartphone sempre in mano, in attesa del venture capital che li farà volare. Bird e Lime sono diventati unicorni in pochi mesi (hanno cioè sorpassato il miliardo di dollari di valutazione) e sono i fratelli nemici del settore: il primo, fondato da un ex quadro di Uber, Travis VanderZanden, vale attualmente 2 miliardi di dollari, il secondo, lanciato da un imprenditore cinese a San Francisco, Toby Sun, ne vale da qualche settimana 2,4.
“I veicoli elettrici sono il futuro della mobilità. Sono più rapidi, gradevoli, puliti e rispondono ai bisogni della città”, ha spiegato a Les Echos il pdg di Lime, nata come start-up di biciclette prima di allargarsi al monopattino. Il simbolo è un frutto “a forma di ruota” che porta “freschezza nella vita”, dice Sun, e sta stravolgendo in positivo – zero imbottigliamenti, zero stress, zero inquinamento – le abitudini di più di centotrenta città del mondo: con Parigi in prima fila. “E’ uno dei nostri mercati più grossi. Fino a tre mesi fa non lo era”, ha dichiarato a fine febbraio il boss di Lime. “Parigi è sempre stata una città favorevole alle mobilità dolci e intelligenti. C’è stato il Vélib, l’Autolib’, le biciclette in free floating e oggi i monopattini”, ha aggiunto il general manager di Lime France Arthur-Louis Jacquier. Da quando è arrivata nell’esagono, lo scorso giugno, Lime ha già registrato circa 3,2 milioni di noleggi, e conta attualmente più di 315 mila utenti. Inoltre, ha creato 205 posti di lavoro a tempo pieno tra Parigi, Lione e Marsiglia. “Le società come Lime hanno dimostrato a milioni di persone che fino a oggi le nostre città erano concepite principalmente per l’automobile”, ha sottolineato Michael Nakashimada, ideatore dell’applicazione Ride Report. “Risultato: gli abitanti possono constatare che un sistema di trasporto multimodale è più sano. Non si tratta di opporre le auto ai monopattini, ma di evidenziare l’interesse nell’avere diverse opzioni di mobilità, completate da un sistema di trasporto in comune ben finanziato”.
Ma perché Parigi è diventata la regina mondiale dell’industria del monopattino davanti a città come New York? Perché, oggi, è il centro urbano dove gli inventori delle nuove mobilità vengono a sperimentare le loro idee?
Ci sono anzitutto delle ragioni demografiche e geografiche che spiegano questa capacità di attrazione. La Ville Lumière, con i suoi 2,2 milioni di abitanti, è una delle metropoli più dense d’Europa (circa 21mila abitanti per chilometro quadrato) e le distanze per raggiungere il nord dal sud (meno di 10 chilometri) e l’est dall’ovest (18 chilometri) sono relativamente corte rispetto a città come Roma o Londra. Tenendo conto di questi dati, e del fatto che i trasporti in comune sono regolarmente saturi, gli attori delle micromobilità dolci hanno individuato un’opportunità perfetta per far prosperare il loro business. La molla, tuttavia, è scattata anche grazie alla politica di mobilità urbana della sindaca socialista Anne Hidalgo, che dalla sua elezione, nel 2014, ha inserito lo sviluppo del sistema di trasporti elettrici e sostenibili tra le priorità del suo mandato. La crociata contro l’inquinamento dell’inquilina dell’Hôtel de Ville ha toccato il suo apice con la decisione di pedonalizzare il lungosenna (rive droite), 3,3 chilometri dal tunnel delle Tuileries, di fronte agli omonimi giardini, fino al bassin de l’Arsenal, vicino alla Bastiglia: una mossa che ha reso più ecologiche le passeggiate domenicali dei parigini e che ha permesso agli aficionados del monopattino di percorrere vie che erano loro precluse fino a poco tempo fa.
I primi a sfrecciare sull’asfalto parigino sono stati gli americani di Lime e Bird, poi sono sbarcati la berlinese Flash e altri cinque gruppi
Giudizi diversi: sono “nuovi evangelisti della mobilità” o “filibustieri dell’asfalto”. Bird e Lime unicorni in pochi mesi
“Siamo favorevoli a tutto ciò contribuisce a una mobilità a bassa emissione di CO2 e a un abbandono progressivo dell’auto a favore di altre modalità di trasporto come il monopattino o la bicicletta”, ha spiegato Christophe Najdovski, vicesindaco con delega ai Trasporti del comune parigino. La buona intesa con la sindaca Hidalgo e la sua squadra ha fatto dimenticare a Lime e Bird i grossi problemi avuti a San Francisco con il comune e i suoi cittadini, molti dei quali vedono di cattivo occhio questi “tech bros” della Silicon Valley. Oltreoceano, dopo la “scooter war” – la guerra dei monopattini che la scorsa estate ha fatto arrabbiare gli abitanti della West Coast e ha spinto la giunta comunale a limitarne l’uso – i due unicorni della micromobilità sono ora “persona non grata”, non possono più fornire il loro servizio di trottinette, anche se Toby Sun di Lime assicura che “la battaglia non è terminata”. “La rabbia degli abitanti si è manifestata in seguito all’accumulo in diverse zone della città di decine di monopattini”, ha testimoniato a Les Echos un francese che abita a San Francisco. Il rischio “giungla urbana”, con gruppi di monopattini abbandonati anarchicamente nello spazio urbano, è ancora molto elevato. Così come il numero di incidenti causati da utenti che circolano sui marciapiedi facendo slalom tra i pedoni o improvvisando competizioni assai poco repubblicane per le strade della capitale. Per questo motivo, la ministra delle Infrastrutture di Parigi, Elisabeth Borne, si è fatta promotrice di una regolamentazione dello sviluppo dei trasporti urbani, al fine di integrare al meglio i nuovi attori della micromobilità arrivati con la rivoluzione digitale. Il progetto legislativo della ministra si chiama Lom, loi d’orientation des mobilités, è arrivato la scorsa settimana al Senato in prima lettura e l’obiettivo è trasformarlo in legge prima dell’estate, quando la trottinettemania potrebbe diventare incontrollabile senza una cornice di regole. Accanto al lavoro dell’esecutivo per rassicurare i pedoni preoccupati dall’invasione dei nuovi disruptors a due ruote, c’è quello del comune che, sulla scia di quanto già fatto con le bici in free floating, proporrà ai vari operatori che offrono un servizio di noleggio monopattini una carta di buona condotta da firmare. “L’idea è che i nuovi operatori firmino questa carta al loro arrivo al fine di facilitare l’accettazione dei cittadini. Perché purtroppo si osservano molte inciviltà”, ha affermato Christophe Najdovski, “Monsieur Transport” del comune di Parigi. Secondo Nicolas Louvet, fondatore del gabinetto di consulenza nel campo della mobilità 6-t “non dovrebbe esserci un padrone della strada, anche se oggi l’automobile lo è. I monopattini elettrici fanno paura ai pedoni perché non sono ancora abituati”. “Un buon inquadramento della pratica”, ha aggiunto Louvet a Libération, è la giusta strada da seguire, perché la trottinette è “interessante in termini di intermodalità”. Oltre alle cifre importanti registrate da Lime, Bird e dagli altri sette attori che a Parigi propongono i monopattini in free floating, ci sono i numeri delle vendite ai privati. Nel 2017, secondo uno studio della FP2M (Fédération des professionnels de la micromobilité) e di Smart Mobility Lab, sono state vendute quasi 102 mila trottinette elettriche, per un volume d’affari di 62,9 milioni di euro. L’aumento delle vendite, secondo gli addetti ai lavori, sarà costante nei prossimi anni. “E’ una tendenza di fondo. Si spiega con la ricerca dei valori di libertà e di autonomia, unita a una sensibilità verso l’ambiente. Senza dimenticare la dimensione di piacere”, analizza Jean Ambert, fondatore di Smart Mobility Lab.
Ma c’è anche chi vede in questi adulti cool che sfrecciano in monopattino elettrico con le scarpe da ginnastica e le cuffie all’ultimo grido il passo finale verso il baratro di una “società infantilizzata”, come scrive il filosofo Michel Onfray. E Alain Finkielkraut, accademico di Francia, non riesce proprio ad accettarli questi “hipsters che si muovono in monopattino elettrico”, “fieri di mangiare bio”, ma acquirenti compulsivi di “prodotti argentini o cileni che non arrivano qui da soli”. Punti di vista sociologici interessanti, ma che non oscurano la realtà della grande rivoluzione urbana che sta andando in scena. Ad aprile, arriverà anche il decimo operatore: Wetrott’, nato a Versailles, ma pronto a conquistare la capitale. Il futuro delle nuove mobilità è in Europa. A Parigi. Altro che San Francisco.