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La lenta micromobilità elettrica di Toninelli

Samuele Maccolini

Regole troppo stringenti dissuadono i comuni ad avviare la sperimentazione elettrica. Il monito di Legambiente

Roma. A inizio giugno il ministro Toninelli ha firmato un decreto ministeriale che ha dato il via alla sperimentazione della micromobilità elettrica nei comuni italiani. “Ora ci impegneremo con tutte le nostre forze affinché più sindaci possibile facciano partire la sperimentazione in corrispondenza con la bella stagione”, scriveva il Blog delle Stelle. Ora che la “bella stagione” si è conclusa, è ora di verificare quanti comuni hanno avviato la sperimentazione. Fonti del Mit confermano al Foglio che a oggi solo tre comuni hanno comunicato al ministero di aver deliberato: Torino, Milano e Cattolica. Repubblica, in un recente articolo, aggiunge Rimini, Casalpusterlengo e Imola alla lista. Anche Pesaro potrebbe deliberare a breve. Eppure ci sono città, come Roma, che sebbene già ospitino esperienze di micromobilità elettrica, non si sono ancora attivate.

 

Forse la mancanza di appeal del provvedimento va ricercato nelle regole, parecchio stringenti, imposte dal ministro Toninelli. Innanzitutto i mezzi elettrici possono essere utilizzati solo da maggiorenni, o da minorenni col patentino. La circolazione è consentita solo su zone 30, oltre che su aree pedonali, percorsi pedonali e ciclabili e piste ciclabili. Vengono inoltre fissati limiti di velocità di 20 km/h per segway e monopattini; paletti, questi, più restrittivi di quelli imposti alle bici elettriche con pedalata assistita. Di notte i mezzi sprovvisti di adeguata illuminazione devono essere trasportati a mano. E dopo il tramonto scatta anche l’obbligo di indossare il giubbotto catarifrangente. Infine, il comune deve installare una segnaletica adeguata nelle infrastrutture stradali coinvolte nella sperimentazione. Proprio a causa della severità dei limiti imposti, il decreto aveva già suscitato alcune critiche prima della pubblicazione. A maggio il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini spiegava che “con regole così complicate e restrittive gli stessi comuni si trovino di fronte a un percorso assai complesso prima di aprire alla sperimentazione". Dopo il biasimo, a parlare è il riscontro negativo: un’altra crepa sulla stella dell’ecologia per il M5s.

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