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Il doppio standard della Silicon Valley

Eugenio Cau

Le compagnie del web sono intransigenti con i governi occidentali e collaborative con quelli autoritari. Il caso Apple News.

La Silicon Valley è pronta a tutto pur di difendere la privacy e la libertà dei suoi consumatori in occidente. Dallo scoppio dello scandalo dell’Nsa le società di internet americane hanno intensificato le loro campagne pubbliche in favore della protezione di dati degli utenti dagli interessi indiscreti dei governi, fino a mettere a punto, nel corso di quest’anno, dei sistemi di crittografia sugli smartphone che, secondo le agenzie d’intelligence americana ed europee, renderanno difficile l’attività anti crimine e anti terrorismo delle forze dell’ordine. La polemica sulla crittografia va avanti da mesi, ha comportato pressioni dai massimi esponenti dei governi occidentali, dal premier inglese David Cameron al capo dell’Fbi James Comey, portando perfino il Wall Street Journal a decretare che “i terroristi amano la Silicon Valley”. Ma i campioni della tecnologia americana sono granitici: la libertà dell’utente viene prima di tutto, anche prima dell’antiterrorismo. Questa fermezza, però, viene improvvisamente meno quando a fare pressioni è la Cina.

 

Una fonte interna ad Apple ha confermato lunedì al New York Times che la società ha disattivato Apple News, il suo servizio di notizie annunciato lo scorso giugno, per tutti gli utenti che si trovano in Cina. La ragione, ovviamente, è lo stato di censura che vige sotto il governo comunista, al quale tutte le compagnie, se vogliono operare nel paese, devono bene o male sottomettersi. Ma il caso di Apple News è più pesante, perché il servizio finora è solo attivo negli Stato Uniti, e quindi a essere colpiti dalla censura non sono i cittadini cinesi, ma quelli occidentali (americani, oppure quanti hanno attivato il loro iPhone con localizzazione americana) che Apple si vanta di proteggere dai governi occidentali. Se un turista di Seattle va in vacanza a Pechino e inserisce nel suo iPhone una sim cinese la sua app preferita di notizie non funziona più: spiacenti, il regime non gradisce.

 

[**Video_box_2**]Quello di Apple News è un sintomo, uno dei tanti, del doppio standard della Silicon Valley in tema di privacy e libertà. Avviene lo stesso in Russia, per esempio, dove le grandi compagnie di internet non hanno protestato più di tanto quando Mosca le ha obbligate a conservare i dati degli utenti in server sul suolo russo, mossa che secondo gli analisti rischia di aumentare il controllo del governo sull’informazione e sui dissidenti online. Ci sono ottime ragioni per assecondare i dettami di governi autoritari, specie quando si parla di Cina, mercato che per Apple è valso 13 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre. Ci sono anche delle eccezioni: Google e Facebook sono ancora bandite in Cina proprio perché le loro politiche sembrano irriducibili a quelle del governo. Ma entrambi stanno cercando da tempo di rientrare nel paese, e la visita del presidente cinese Xi Jinping in America lo scorso mese ha sollevato buoni auspici sul ritorno di Google a Pechino. Alle regole del regime, ovviamente.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.